venerdì 30 gennaio 2015

Giacomo Gabellini: "Caos. Economia, strategia e geopolitica nel mondo globalizzato"

 
 
E' disponibile in versione e-book il libro di Giacomo Gabellini "Caos", con prefazione di Ali Reza Jalali. Il libro tratta delle principali tematiche della politica e dell'economia globale.
 
EDITORE: FUOCO EDIZIONI


http://www.fuoco-edizioni.it/vendita%20libri%20della%20collana%20incroci%20-%20storia,%20geopolitica,%20analisi%20militare.html

martedì 27 gennaio 2015

Centro Studi Internazionale "Dimore della Sapienza"

Al seguente link trovate il sito internet - in costruzione - del Centro Studi Internazionale "Dimore della Sapienza":

 http://dimoredellasapienz.wix.com/dimoredellasapienza


http://dimoredellasapienz.wix.com/dimoredellasapienza#!chi-siamo/c9mg

Qui trovate il Consiglio Direttivo:

http://dimoredellasapienz.wix.com/dimoredellasapienza#!consiglio-di-gestione/cjuj

Qui trovate i contatti:

http://dimoredellasapienz.wix.com/dimoredellasapienza#!contatti/c197c 

Qui trovate la pagina del Dipartimento di Studi economici, giuridici e politici:

http://dimoredellasapienz.wix.com/dimoredellasapienza#!dipartimento-di-studi-pol-econ-e-giur/c126a

In particolare
 
"Il Dipartimento promuove didattica e ricerche interdisciplinari in un insieme di aree proiettate nella dimensione internazionale o con essa in sintonia, accomunate dalla finalità di studiare i rapporti tra ordinamenti giuridici ed economici, e tra e con i sistemi politici, anche nella loro evoluzione storica e nello specifico ambito geografico politico, geopolitico ed economico. In questo contesto vengono ad integrarsi reciprocamente discipline diverse, aventi per oggetto i più importanti sistemi giuridici, economici e politici contemporanei, le norme che scaturiscono dalla coesistenza e dalla cooperazione degli Stati, il problema dell’identità delle civiltà, l’analisi teorica e storica dell’evoluzione del sistema e della forma degli Stati, nonché delle forme di governo e l’analisi interdisciplinare dello scenario politico internazionale."

mercoledì 21 gennaio 2015

Luoghi santi e “Stato Islamico”

XXXVI (4 - 2014)      
Luoghi santi e “Stato Islamico”
SOMMARIO
 
Editoriale
 
 
Dossario – I luoghi santi
Pausania, Topografia eleusina
Parama Karuna Devi, Varanasi, città della luce
Leonid Savin, I centri spirituali della Russia
Alessandra Colla, La riscoperta di un antico cammino
Ali Reza Jalali, Geopolitica dei luoghi santi sciiti
Aldo Braccio, Visita a Urfa
Carmela Crescenti, Lo scempio di Mecca
 
Dossario – Lo “Stato Islamico”
Spartaco Alfredo Puttini, Caos distruttivo nel Vicino Oriente
Jean-Michel Vernochet, Le radici ideologiche dello “Stato Islamico”
Gilles Munier, Lo “Stato Islamico” e i suoi misteri
Enrico Galoppini, Quali scarponi per la battaglia finale?
Lorenzo Salimbeni, La Grande Guerra nel Vicino Oriente
 
Documenti
Joachim Menant, Un luogo di culto degli Yazidi
Carlo Alfonso Nallino, La tomba di Eva
Ibrahim al-Qattan, La devastazione di Gerusalemme
Richard Ostling, La ricostruzione del Tempio di Gerusalemme
 
Attacco alla Russia
Renato Pallavidini, La “maledizione” ucraina nella storia russa
Ivelina Dimitrova, Un conflitto per il controllo dell’Eurasia
Giuseppe Cappelluti, “The Russians shall not have Kiev!”
Jean-Michel Vernochet, Ucraina: Guerra di blocchi
 
Recensioni
Florian Muhlfried, Being a State and States of Being in Highland Georgia (V. Simeoni)
Mahdi Darius Nazemroaya, La globalizzazione della NATO (A. Iacobellis)
Renato Pallavidini, Problemi di critica hegeliana in Italia (D. Ragnolini)
 
 

giovedì 15 gennaio 2015

Moffa e Jalali ai microfoni di Radio IRIB ITALIA: la vicenda "Charlie Hebdo"

 
 
I due ospiti della Tavola Rotonda di questa settimana di IRIB ITALIA (gennaio 2015):
 
- Claudio Moffa, studioso del Medioriente e direttore del Master "Enrico Mattei", nonché docente dell'Università di Teramo.       
 
 
 
- Ali Reza Jalali, presidente del Centro Studi Internazionale “Dimore della Sapienza”, saggista e analista delle questioni politiche internazionali.
 
 

Con loro abbiamo discusso del caso dell'attacco terroristico contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo a Parigi in cui sono stati uccisi 16 giornalisti.
 
 

lunedì 12 gennaio 2015

Difendere l’Europa

Ali Reza Jalali
In questi drammatici giorni in cui abbiamo assistito, quasi in diretta, alle raccapriccianti immagini dalla Francia, dove il fondamentalismo e il terrorismo di matrice islamista-salafita hanno colpito il cuore del vecchio continente, è iniziata la solita serie di commenti degli analisti politici su come arginare il terrorismo e su come approcciarsi rispetto ai problemi della società europea, ormai multiculturale e multi-religiosa. In questa sede non voglio soffermarmi sulle radici del problema, in quanto, così come stanno le cose, non si può evidentemente tornare indietro e cercare di sistemare le cose.
Bisogna andare avanti, anche perché, come le esperienze dell’ultimo decennio insegnano, la Storia non è maestra di vita; questi problemi si erano posti anche dopo l’11 settembre 2001 e puntualmente dopo gli attacchi a Londra e Madrid. Se non si è riusciti a trovare delle soluzioni al problema del terrorismo di matrice islamista e a quello del multiculturalismo, i motivi potrebbero essere molteplici, ma eviterei di addentrarmi in questi dibattiti: quindi, vediamo cosa fare per il futuro.
Ci sono, come abbiamo detto, due problemi: il terrorismo islamista e il multiculturalismo in Europa. I due temi sono intrecciati tra loro, ma richiedono discorsi separati. Il terrorismo islamista nasce fuori dall’Europa, si afferma fuori dal vecchio continente e, le statistiche lo dimostrano, deborda in Europa, fortunatamente, in modo saltuario. Non conosco esattamente i numeri, ma così, su due piedi, mi verrebbe da dire che il terrore per ogni colpo che infligge in Europa, compie centinaia di stragi nel mondo musulmano, ergo, le principali vittime del radicalismo islamico sono i musulmani.
D’altro canto si potrebbe obiettare a questa argomentazione dicendo che di quello che avviene fuori dall’Europa ce ne freghiamo altamente, dobbiamo pensare ai fatti nostri. Se accettassimo tale tesi però, dovremmo in primo luogo ritirare le truppe e la presenza militare europea in giro per il mondo, visto che la priorità sarebbe quella di combattere il terrore in casa nostra. 
A parte la pochezza di vedute che comporta tale analisi, questa via a oggi non è percorribile visto l’alto grado di permeabilità della comunità internazionale che grazie ai processi di globalizzazione ci ha resi, volenti o nolenti, collegati al resto del mondo; teorie isolazioniste mi sembrano fuori luogo. Il terrorismo deve essere combattuto sul fronte interno e su quello internazionale, perché esso si alimenta fuori dall’Europa e solo una parte minima delle reti terroristiche islamiste, sia a livello strutturale, sia a livello delle azioni violente compiute, opera qui.
Il terrore quindi va combattuto alla fonte, nei paesi dove per vari motivi tale fenomeno nasce e si alimenta. Il terrorismo si combatte con la guerra; con le parole e con l’educazione vorrei proprio vedere come si ferma una banda di fanatici armati fino ai denti. Poi vi è il lato della radice del problema: organizzare entità violente che agiscono, come Al Qaida o l’ISIS, su base transfrontaliera, richiede uno sforzo organizzativo, economico, logistico e militare immane.
Queste attività sovversive richiedono una grande preparazione che può essere attuata solo da grandi entità, private o pubbliche che siano. Quindi alla base del terrorismo ci devono per forza essere grandi enti internazionali, come organizzazioni o organismi di vario genere, oppure, molto più semplicemente, gli Stati nazionali e i loro apparati di sicurezza. Senza andare troppo indietro nel tempo e senza fare troppi esempi, possiamo dire che l’attuale minaccia terrorista denominata ISIS si afferma tra Iraq e Siria con l’obiettivo dichiarato di destabilizzare in primo luogo due Stati nazionali del mondo arabo, Iraq e Siria appunto, per poi lanciarsi, almeno questo è quello che dicono i dirigenti di tale formazione, in una sorta di conquista del mondo islamico e dell’Occidente.
Quindi, l’ISIS, nel breve ha due nemici: il governo iracheno e quello siriano, ma in prospettiva gli avversari sono anche i paesi europei. Per difendere l’Europa urge quindi un coordinamento a livello di apparati di sicurezza con questi due governi del Medio Oriente, e un serio avvertimento ai paesi che, in nome dell’avversione a questi due paesi mediorientali, per progetti geopolitici, hanno innescato un processo di sostengo all’estremismo islamico finalizzato alla deposizione di regimi e governi nemici.
La lotta al terrorismo sul piano interno europeo, e tale fenomeno ha degli evidenti legami col più ampio problema del multiculturalismo, è un aspetto che procede su due binari paralleli: repressione ed educazione. L’apparato repressivo dello Stato non può certamente andare in ibernazione in nome delle libertà individuali, anche perché le libertà sono garantite dallo Stato, dall’ordinamento giuridico; senza lo Stato, in caso di sconfitta di esso da parte del terrorismo, non ci sarebbe più il garante delle libertà dei cittadini.
La sicurezza della collettività e le garanzie individuali sono strettamente connesse; se manca la sicurezza pubblica, verrà a mancare il garante della libertà dei cittadini. L’apparato repressivo però non può agire da solo in tale contesto: vi è indubbiamente l’obbligo da parte della collettività di promuovere l’educazione alla convivenza: la società europea, che piaccia o no, è ormai un modello multiculturale. Tale tipo di società ha bisogno di valori forti in nome dei quali unificare gli intenti, anche quelli di chi almeno in partenza ha in mente un tipo di cultura completamente antitetica rispetto al paese europeo ospitante.
Chi deve adeguarsi al modello europeo, che in ogni caso garantisce uno spazio per le libertà, anche religiose degli immigrati, sono gli ospiti della casa Europa; questo processo di adeguamento avviene attraverso l’educazione civica e scolastica. Non bisogna avere paura, in nome del multiculturalismo, di promuovere tali concetti, altrimenti si rischia solo di fare ulteriore confusione.
Certo, l’educazione deve essere promossa anche nei confronti degli autoctoni, che in alcuni casi estremi, come dimostra la presenza di terroristi di origine europea proveniente da famiglie non musulmane, imbracciano una fede radicale a scopo sovversivo e terroristico, dimostrando come il fattore educativo non deve essere rivolto solo ai nuovi arrivati, ma a tutti i cittadini in modo indiscriminato.
Il resto sono urla e farneticazioni di chi, in nome della lotta al terrorismo islamista, in nome della difesa dell’Occidente cristiano – solo loro hanno visto un “Occidente cristiano”, ovunque mi giro, al massimo, io vedo un Occidente illuminista, laicista e dissacrante, sulla falsa riga del giornale satirico francese oggetto della bestiale furia fondamentalista – vuole solo creare una atmosfera di caccia alle streghe finalizzata a qualche voto in più da prendere o a qualche copia di giornale in più da vendere.
Un eventuale Occidente cristiano era da difendere il 14 luglio del 1789 a Parigi, non nel gennaio del 2015, nella stessa città; ora è un po’ tardi. Chi ha sconfitto l’Occidente cristiano sono stati i Lumi alla “Charlie”, non i fondamentalisti islamici. Per difendere l’Europa da questi ultimi non servono le urla in televisione, ma una razionale condotta basata sulla repressione qui e nel mondo del fenomeno, con corrette alleanze internazionali, soprattutto nel mondo musulmano, combinata a una politica ragionevolmente rigida sul fronte dell’immigrazione e del multiculturalismo.
Ma so bene che queste, in ogni caso, sono parole al vento; anche dopo l’undici settembre alcuni dicevano queste cose…   

sabato 10 gennaio 2015

Contro il terrorismo, senza se e senza ma

Il terrore religioso e il massimalismo islamista hanno colpito il cuore dell'Europa. Nel condannare tale aberrante azione fanatica ripropongo questa notizia e mi unisco al cordoglio generale per le vittime in Francia:  
 
 
 
 
«Coloro che, ingiustamente, in nome del jihad, della religione e dell'islam, uccidono e compiono azioni violente ed estremiste, provocano l'islamofobia, che lo vogliano o no». È una chiara la presa di posizione quella del presidente iraniano, Hassan Rohani. Il capo dello Stato dell'Iran ha sottolineato che «la violenza e il terrorismo vanno condannati sia nei Paesi della regione, in Europa o negli Stati Uniti». Rohani ha infine ribadito che Teheran sostiene «tutti i popoli che lottano contro il terrorismo», aggiungendo che la Repubblica islamica è «molto felice che i popoli musulmani resistano al terrorismo e all'estremismo». Inoltre nella preghiera del venerdì la condanna della strage di Charlie Hebdo è stata rinnovata da un autorevole imam conservatore iraniano, Ahmad Khatami: «L'Islam non permette l'uccisione di innocenti a Parigi come in Siria, in Iraq, Yemen, Pakistan e Afghanistan».
 
 
 
Brescia, 10 gennaio 2015
 
 
                                                                                        Ali Reza Jalali