martedì 14 luglio 2015

L’accordo è storico? Forse, ma non è definitivo


 

Ali Reza Jalali

E’ bene non illudersi; l’accordo di Vienna sul nucleare iraniano raggiunto il 14 luglio non rappresenta un testo con una valenza giuridica e vincolante per le parti (UE, Germania, Francia, Regno Unito, Russia, Cina, USA, Iran). Ora, “Joint Comprehensive Plan of Action” alla mano – così è stato denominato l’accordo formalmente – possiamo solo dare delle valutazioni momentanee, in attesa che il documento venga ratificato dai parlamenti nazionali, cosa non del tutto scontata visto che nel Congresso americano i repubblicani, vicini al governo israeliano, fortemente critici con l’approccio morbido di Obama nei confronti del nuovo Iran di Rohani, sono la forza di maggioranza e potrebbe esserci in extremis la bocciatura del JCPOA, facendo così naufragare gli sforzi della diplomazia di mezzo mondo. La saggezza quindi impone di attendere prima di parlare di un accordo storico e di grande vittoria per la comunità internazionale. Ciò non toglie che analizzando il testo dell’accordo, balzano all’occhio aspetti interessanti e lo stesso dicasi per le reazioni dei principali attori politici coinvolti a livello internazionale. Un ulteriore aspetto di interesse nella vicenda è poi la reazione delle varie forze politiche interne iraniane, che con diversi punti di vista e sensibilità seguono la vicenda. In primo luogo notiamo una contraddizione molto forte nel JCPOA rispetto a quelle che furono solo pochi mesi fa talune indicazioni della Guida iraniana sulle trattative: infatti, nel documento viennese si parla di un approccio graduale nell’applicazione dei punti nodali dell’accordo, quindi anche per ciò che concerne la rimozione delle sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran.
 
“This JCPOA, reflecting a step-by-step approach, includes the reciprocal commitments as laid down in this document” (1), si legge nel documento, e ciò in palese contraddizione con l’opinione del Capo di Stato iraniano, l’ayatollah Khamenei, che aveva posto come condicio sine qua non l’eliminazione completa e immediata di tutte le sanzioni contro l’Iran. In pratica, o i diplomatici iraniani hanno agito in contraddizione con le indicazioni della Guida, e quindi è presumibile che il testo, una volta analizzato dalla Guida stessa, venga ritenuto inadeguato e quindi, attraverso il mancato procedimento di ratifica parlamentare – il Majles iraniano (Parlamento) è dominato da deputati vicini alla Guida – venga spedito al mittente, oppure in questi pochi mesi la Guida ha cambiato opinione e riterrebbe oggi anche una rimozione “step-by-step” delle sanzioni in linea con l’interesse nazionale del paese persiano, giudicata come razionale in considerazione dell’eventuale miglioramento graduale dell’economia iraniana, anche se pure tale considerazione sarebbe in contraddizione con quanto detto in precedenza dalla Guida, ovvero che i problemi economici dell’Iran devono essere risolti grazie alle risorse interne e non agli accordi internazionali. Questo secondo noi è un punto importante, per capire veramente cosa ha in mente la Guida, vero ago della bilancia della politica interna iraniana.
 
Oltre a ciò non si sono fatte attendere le reazioni dei leader internazionali; fortemente critico, come era presumibile, il governo israeliano che ha definito il risultato giudicato positivo dai paesi coinvolti negli accordi di Vienna come una vittoria per l’Iran e per un paese che sponsorizza, a detta degli israeliani, il terrorismo internazionale e l’instabilità regionale. Israele però sembra una delle poche voci fuori dal coro, visto che da Washington a Mosca, passando per l’Europa, sembra invece esserci ottimismo. I media interni iraniani poi, legati ognuno a un partito o a una fazione, tendono a dare le notizie sulla vicenda in base al proprio orientamento politico, ognuno sottolineando gli aspetti che confermano apprensioni o considerazioni positive sulla questione. Il principale organo propagandistico del governo, l’agenzia di stampa IRNA, riporta ad esempio con toni trionfalistici le esternazioni di Rohani, il quale ha detto che oggi si segna un punto importante a favore della fine delle ingiustizie perpetrate contro l’Iran e per l’inizio di una positiva collaborazione globale. Il presidente iraniano si è congratulato col popolo e ha sottolineato come gli sforzi dei suoi diplomatici si siano concretizzati in una grande conquista, ovvero quello di portare un paese come l’Iran, condannato in seno al CSNU, con la spada di Damocle del capitolo VII della Carta dell’ONU, fuori dall’alveo di tale difficile situazione, attraverso un processo diplomatico. Anche i media vicini alla maggioranza parlamentare pongono l’accento sull’importanza dell’accordo raggiunto, facendo presumere come, a meno di clamorosi veti della Guida, il potere legislativo potrebbe ratificare l’accordo.
 
Di segno diametralmente opposto invece le opinioni che emergono dai media delle opposizioni più intransigenti. Ad esempio, il sito RAJA-NEWS, vicino all’ultra- destra religiosa, parla apertamente di propaganda, accusando il governo di non dire la verità sulle ampie concessioni fatte dagli iraniani agli americani per poter raggiungere l’accordo (parzialmente) definitivo. L’organo di informazione, vicino all’ex negoziatore Jalili, indica molto pericolose le concessioni fatte nell’alveo della possibilità per gli ispettori internazionali di visitare i siti militari della Repubblica Islamica, accusando il governo di aver dato il proprio assenso allo spionaggio occidentale contro l’Iran. Interessanti poi anche le considerazioni che emergono dal sito DOLATE BAHAR, della destra nazional-islamica, vicina all’ex presidente Ahmadinejad. In un articolo pubblicato poco dopo le esternazioni di Obama sull’accordo di Vienna, il sito di opposizione al governo iraniano in carica pone l’accento sulla eccessiva soddisfazione degli americani per il JCPOA. Secondo il sito infatti, Obama avrebbe detto che tutte le linee rosse statunitensi sono state rispettate e che in base all’accordo l’Iran ha rinunciato di fatto al 98 percento dell’arricchimento dell’uranio. Il presidente americano ha poi confermato che le sanzioni all’Iran non saranno rimosse immediatamente, ma gradualmente, sottolineando come alla minima trasgressione degli accordi da parte degli iraniani, tutte le sanzioni verranno restaurate. Sempre in base a quanto riportato dal sito vicino ad Ahmadinejad, Obama avrebbe affermato che se l’Iran non rispetterà i patti, non solo verranno reintrodotte le sanzioni, ma tutte le opzioni per fermare il programma atomico iraniano saranno prese in considerazione, sia da parte del suo esecutivo, sia da parte del prossimo (quindi anche l’opzione militare). Il presidente americano ha poi concluso dicendo che non verranno scalfite le sanzioni anti-iraniane riguardo alla violazione dei diritti umani, del sostegno di Tehran al terrorismo internazionale e di taluni aspetti dello sviluppo militare (missili balistici). Il quadro quindi è ancora molto fluido e bisogna aspettare per dare un giudizio; però bisogna avere una cosa in mente in modo chiaro. Ammesso e non concesso che i parlamenti nazionali ratifichino l’accordo, il testo del documento è scritto volutamente in modo da non costringere, soprattutto la parte occidentale, ad una adesione completa e definitiva alle concessioni fatte agli iraniani. In pratica, visto che la valutazione del fatto che gli iraniani attuino o meno i punti dell’accordo è prerogativa degli stessi paesi che hanno firmato l’intesa, nulla potrebbe impedire ad un futuro governo americano di ritenere l’Iran come trasgressore, sancendo quindi unilateralmente la fine dell’adesione USA all’accordo di Vienna.  

1-      “Joint Comprehensive Plan of Action”, Vienna, 14 luglio 2015, p. 2, http://www.rajanews.com/sites/default/files/content/attaches/story/94-04/23/iran-deal-text.pdf.   

sabato 4 luglio 2015