A cura di Ali Reza Jalali
In un articolo apparso sul sito
della prestigiosa rivista statunitense di politica internazionale “The National
Interest” (1) firmato da Behnam Ben Taleblu, ricercatore della “Fondazione per
la Difesa delle Democrazie” (2), si analizzano alcuni dei fattori legati alla
guerra tra Iran e Iraq negli anni ’80. Ben Taleblu critica l’approccio
occidentale volto a snobbare questa guerra e a non dare il giusto rilievo a
quello che secondo lui sarebbe il principale fatto storico che ha influenzato l’ideologia
e la prassi dei dirigenti della Repubblica Islamica dalla sua fondazione a
oggi. In primo luogo la guerra tra i due paesi mediorientali avrebbe dato l’opportunità,
nonostante il conflitto sia stato iniziato da Baghdad, ai tempi di Saddam, agli
iraniani di internazionalizzare la propria rivoluzione: non è un caso che il
fondatore dello Stato islamico iraniano, l’Ayatollah Khomieni, abbia da subito
posto l’accento sull’importanza dell’esportazione della Rivoluzione islamica,
tesi a grandi linee, almeno negli anni ’80, avvallata dalle varie anime della
dirigenza di Tehran, anche dai cosiddetti moderati come Rafsanjani.
Tutti erano
convinti infatti che – soprattutto dal 1982, ovvero da quando l’Iran decise di
invadere in territorio iracheno dopo che per i primi due anni il conflitto era
andato avanti in modo favorevole alle truppe irachene – il popolo iracheno si
sarebbe ribellato a Saddam, promuovendo un cambio di regime che avrebbe
potenziato il ruolo di Tehran come avanguardia rivoluzionaria nel mondo
islamico. Quelli, in fondo, erano anche gli anni della fondazione di Hezbollah
in Libano. Da un lato gli iraniani vedevano nella guerra contro Saddam un
conflitto dell’Islam rivoluzionario contro un regime empio, d’altro canto vi
era la netta convinzione, come disse più volte anche l’attuale Guida, allora
presidente, Khamenei, che la guerra dell’Iraq contro l’Iran fosse iniziata
grazie al “lascia passare” di Washington. Tale conflitto, passato in secondo
piano per gli occidentali, più concentrati su fatti come il colpo di Stato
contro Mosaddeq o la Rivoluzione islamica del 1979, ha talmente forgiato la
mente dei politici iraniani che tutti, nessuno escluso, in qualche modo cercano
di crearsi una legittimazione morale attraverso il fatto di aver in qualche modo
partecipato al conflitto.
Ciò vale per molti illustri politici di Tehran, come
ad esempio l’ex presidente Ahmadinejad, ma anche tanti altri. L’aver
partecipato al conflitto rappresenta agli occhi degli iraniani un valore
aggiunto che nessun altro evento della storia contemporanea iraniana ha; esso è
in assoluto il fatto storico più importante, un momento che è divenuto mito,
leggenda. Questa guerra, definita dagli iraniani come “sacra difesa”, ancora
oggi è al centro della nostalgia rivoluzionaria, come se rappresentasse una
sorta di età dell’oro della Repubblica Islamica. Nell’articolo apparso su “The
National Interest” intitolato “L’ombra lunga del conflitto Iran-Iraq”, emerge
con chiarezza tutto ciò, e si sottolinea come il fatto di considerare quel
periodo come qualcosa di mitico non dipenda solo dallo sforzo bellico, ma anche
dal fatto che quei primi anni della Repubblica Islamica coincidono col periodo
in cui il fondatore dello Stato, l’Ayatollah Khomeini, fosse in vita e
esercitasse la sua autorità politica, religiosa e carismatica.
Spesso gli
intellettuali vicini alla dirigenza iraniana definiscono gli anni del conflitto
come “la migliore epoca della Repubblica Islamica dell’Iran”, epoca
contraddistinta dalla semplicità dei modi di fare e dallo zelo rivoluzionario,
affievolito con la fine delle ostilità. Per l’Iran, la guerra Iran-Iraq fu
piena di dure lezioni militari. Il conflitto ha evidenziato numerose carenze
militari convenzionali dell’Iran e alcuni problemi di comando e controllo.
Durante la guerra, gli attacchi iraniani contro le fortificazioni irachene
riassumevano ciò che il valore e lo zelo potevano fare contro la superiorità
tecnologica. Ma i successi tattici limitati dell’Iran, come la presa della zona
di Faw, alla foce del fiume Shatt al-Arab, non riuscirono a cambiare le sorti
del conflitto, anche perché successivamente iniziarono gli attacchi chimici di
Saddam e le azioni statunitensi di belligeranza diretta contro gli iraniani, a
scongiurare la vittoria di Khomeini. Nonostante tali battute d’arresto sul
campo di battaglia, gli iraniani hanno interpretato il conflitto e lo sforzo
bellico come una necessità volta alla persuasione dei nemici.
Questo modo di
pensare è stato confermato anche da Hassan Rahimpour Azghadi, membro del
Consiglio per la Rivoluzione Culturale: “Se non fosse stato per questi otto
anni di guerra, dieci guerre ci sarebbero state imposte. E queste stesse guerre
che hanno avviato in Libano, Siria e Iraq, sarebbero arrivate anche in Iran.”
Ben Taleblu ritiene tali affermazioni esagerate in quanto dal punto di vista
strategico gli iraniani non avrebbero beneficiato troppo dalla guerra; ma
rimane il fatto che, e ciò è ammesso nell’articolo, una parte consistente delle
capacità militari acquisite da Tehran oggi, sono dovute a quegli anni
terribili. Gli anni della guerra hanno insegnato a Tehran di guardare con
attenzione ai propri confini occidentali; per l’Iran è fondamentale ciò che
accade oggi in Iraq e molte delle prese di posizione degli iraniani nel
contesto attuale sono la conseguenza di quello che è successo negli anni’80.
L’Iran
oggi sostiene sia il governo iracheno, di impronta antitetica rispetto all’esperienza
di Saddam, sia quello siriano, memore del fatto che la Siria degli Assad fu al
fianco di Tehran durante il conflitto con l’Iraq, uno dei pochi casi nel mondo
arabo, tendenzialmente ostile allo Stato islamico di Khomeini. Ben Taleblu
conclude il suo articolo sottolineando come nonostante tutto la guerra
Iran-Iraq ha rappresentato un momento fondante per l’ideologia della
Rivoluzione islamica e che quella guerra, per gli attuali dirigenti iraniani,
spesso coinvolti direttamente nello sforzo bellico, ha rappresentato, grazie
all’impegno e allo zelo, una prova divina per la perpetuazione della
Rivoluzione islamica e non solo una semplice guerra tra nazioni.
1-
Behnam Ben Taleblu, The Long Shadow of the
Iran-Iraq War, in The National Interest “On line”, 23 ottobre
2014.
2- Un centro di ricerca ritenuto vicino al Partito
Repubblicano.
Nessun commento:
Posta un commento