Ali Reza Jalali
E’ bene non illudersi; l’accordo
di Vienna sul nucleare iraniano raggiunto il 14 luglio non rappresenta un testo
con una valenza giuridica e vincolante per le parti (UE, Germania, Francia, Regno
Unito, Russia, Cina, USA, Iran). Ora, “Joint Comprehensive Plan of Action” alla
mano – così è stato denominato l’accordo formalmente – possiamo solo dare delle
valutazioni momentanee, in attesa che il documento venga ratificato dai
parlamenti nazionali, cosa non del tutto scontata visto che nel Congresso
americano i repubblicani, vicini al governo israeliano, fortemente critici con
l’approccio morbido di Obama nei confronti del nuovo Iran di Rohani, sono la
forza di maggioranza e potrebbe esserci in extremis la bocciatura del JCPOA,
facendo così naufragare gli sforzi della diplomazia di mezzo mondo. La saggezza
quindi impone di attendere prima di parlare di un accordo storico e di grande
vittoria per la comunità internazionale. Ciò non toglie che analizzando il
testo dell’accordo, balzano all’occhio aspetti interessanti e lo stesso dicasi
per le reazioni dei principali attori politici coinvolti a livello
internazionale. Un ulteriore aspetto di interesse nella vicenda è poi la
reazione delle varie forze politiche interne iraniane, che con diversi punti di
vista e sensibilità seguono la vicenda. In primo luogo notiamo una
contraddizione molto forte nel JCPOA rispetto a quelle che furono solo pochi
mesi fa talune indicazioni della Guida iraniana sulle trattative: infatti, nel
documento viennese si parla di un approccio graduale nell’applicazione dei
punti nodali dell’accordo, quindi anche per ciò che concerne la rimozione delle
sanzioni contro la Repubblica Islamica dell’Iran.
“This JCPOA, reflecting a
step-by-step approach, includes the reciprocal commitments as laid down in this
document” (1), si legge nel documento, e ciò in palese contraddizione con
l’opinione del Capo di Stato iraniano, l’ayatollah Khamenei, che aveva posto
come condicio sine qua non l’eliminazione completa e immediata di tutte le
sanzioni contro l’Iran. In pratica, o i diplomatici iraniani hanno agito in
contraddizione con le indicazioni della Guida, e quindi è presumibile che il
testo, una volta analizzato dalla Guida stessa, venga ritenuto inadeguato e
quindi, attraverso il mancato procedimento di ratifica parlamentare – il Majles
iraniano (Parlamento) è dominato da deputati vicini alla Guida – venga spedito
al mittente, oppure in questi pochi mesi la Guida ha cambiato opinione e riterrebbe
oggi anche una rimozione “step-by-step” delle sanzioni in linea con l’interesse
nazionale del paese persiano, giudicata come razionale in considerazione
dell’eventuale miglioramento graduale dell’economia iraniana, anche se pure
tale considerazione sarebbe in contraddizione con quanto detto in precedenza
dalla Guida, ovvero che i problemi economici dell’Iran devono essere risolti
grazie alle risorse interne e non agli accordi internazionali. Questo secondo
noi è un punto importante, per capire veramente cosa ha in mente la Guida, vero
ago della bilancia della politica interna iraniana.
Oltre a ciò non si sono
fatte attendere le reazioni dei leader internazionali; fortemente critico, come
era presumibile, il governo israeliano che ha definito il risultato giudicato
positivo dai paesi coinvolti negli accordi di Vienna come una vittoria per
l’Iran e per un paese che sponsorizza, a detta degli israeliani, il terrorismo
internazionale e l’instabilità regionale. Israele però sembra una delle poche
voci fuori dal coro, visto che da Washington a Mosca, passando per l’Europa,
sembra invece esserci ottimismo. I media interni iraniani poi, legati ognuno a
un partito o a una fazione, tendono a dare le notizie sulla vicenda in base al
proprio orientamento politico, ognuno sottolineando gli aspetti che confermano
apprensioni o considerazioni positive sulla questione. Il principale organo
propagandistico del governo, l’agenzia di stampa IRNA, riporta ad esempio con
toni trionfalistici le esternazioni di Rohani, il quale ha detto che oggi si
segna un punto importante a favore della fine delle ingiustizie perpetrate
contro l’Iran e per l’inizio di una positiva collaborazione globale. Il
presidente iraniano si è congratulato col popolo e ha sottolineato come gli
sforzi dei suoi diplomatici si siano concretizzati in una grande conquista,
ovvero quello di portare un paese come l’Iran, condannato in seno al CSNU, con
la spada di Damocle del capitolo VII della Carta dell’ONU, fuori dall’alveo di
tale difficile situazione, attraverso un processo diplomatico. Anche i media
vicini alla maggioranza parlamentare pongono l’accento sull’importanza
dell’accordo raggiunto, facendo presumere come, a meno di clamorosi veti della
Guida, il potere legislativo potrebbe ratificare l’accordo.
Di segno
diametralmente opposto invece le opinioni che emergono dai media delle
opposizioni più intransigenti. Ad esempio, il sito RAJA-NEWS, vicino all’ultra-
destra religiosa, parla apertamente di propaganda, accusando il governo di non
dire la verità sulle ampie concessioni fatte dagli iraniani agli americani per
poter raggiungere l’accordo (parzialmente) definitivo. L’organo di
informazione, vicino all’ex negoziatore Jalili, indica molto pericolose le
concessioni fatte nell’alveo della possibilità per gli ispettori internazionali
di visitare i siti militari della Repubblica Islamica, accusando il governo di
aver dato il proprio assenso allo spionaggio occidentale contro l’Iran.
Interessanti poi anche le considerazioni che emergono dal sito DOLATE BAHAR, della
destra nazional-islamica, vicina all’ex presidente Ahmadinejad. In un articolo
pubblicato poco dopo le esternazioni di Obama sull’accordo di Vienna, il sito
di opposizione al governo iraniano in carica pone l’accento sulla eccessiva
soddisfazione degli americani per il JCPOA. Secondo il sito infatti, Obama
avrebbe detto che tutte le linee rosse statunitensi sono state rispettate e che
in base all’accordo l’Iran ha rinunciato di fatto al 98 percento
dell’arricchimento dell’uranio. Il presidente americano ha poi confermato che
le sanzioni all’Iran non saranno rimosse immediatamente, ma gradualmente,
sottolineando come alla minima trasgressione degli accordi da parte degli
iraniani, tutte le sanzioni verranno restaurate. Sempre in base a quanto
riportato dal sito vicino ad Ahmadinejad, Obama avrebbe affermato che se l’Iran
non rispetterà i patti, non solo verranno reintrodotte le sanzioni, ma tutte le
opzioni per fermare il programma atomico iraniano saranno prese in
considerazione, sia da parte del suo esecutivo, sia da parte del prossimo
(quindi anche l’opzione militare). Il presidente americano ha poi concluso
dicendo che non verranno scalfite le sanzioni anti-iraniane riguardo alla
violazione dei diritti umani, del sostegno di Tehran al terrorismo internazionale
e di taluni aspetti dello sviluppo militare (missili balistici). Il quadro
quindi è ancora molto fluido e bisogna aspettare per dare un giudizio; però
bisogna avere una cosa in mente in modo chiaro. Ammesso e non concesso che i
parlamenti nazionali ratifichino l’accordo, il testo del documento è scritto
volutamente in modo da non costringere, soprattutto la parte occidentale, ad
una adesione completa e definitiva alle concessioni fatte agli iraniani. In
pratica, visto che la valutazione del fatto che gli iraniani attuino o meno i
punti dell’accordo è prerogativa degli stessi paesi che hanno firmato l’intesa,
nulla potrebbe impedire ad un futuro governo americano di ritenere l’Iran come
trasgressore, sancendo quindi unilateralmente la fine dell’adesione USA
all’accordo di Vienna.
1-
“Joint Comprehensive Plan of Action”, Vienna,
14 luglio 2015, p. 2, http://www.rajanews.com/sites/default/files/content/attaches/story/94-04/23/iran-deal-text.pdf.
Nessun commento:
Posta un commento