La
ripartizione del potere elettorale in Iran e l'eventuale perdita di consenso
del governo Rohani
di Abdolreza
Davari
Nella
Repubblica Islamica dell'Iran ci sono 4 poli che detengono il potere: il clero,
gli "hezbollahi", i tecnocrati e il popolo comunemente inteso. Ognuno
di questi settori ha dei rappresentanti nelle istituzioni, ma questa
rappresentanza è variabile.
Il clero,
ovvero i "marja", le "fonti", i chierici di più alto grado,
per motivi religiosi detengono un enorme potere spirituale. Questi chierici,
grandi ayatollah, storicamente si sono legati alla figura di Rafsanjani.
Gli
"hezbollahi", ovvero la base militante del regime
rivoluzionario-islamico, cioè i pasdaran e il loro apparato, i chierici giovani
e altri militanti; hanno sempre avuto come punto di riferimento la guida,
l'ayatollah Khamenei. Una parte minoriataria dei grandi ayatollah invece di
sostenere Rafsanjani ha sostenuto Khamenei.
I
tecnocrati, ovvero la borghesia delle grandi metropoli, soprattutto Tehran, non
aveva veri rappresentanti a livello istituzionale, almeno fino a Khatami. Oggi,
per via dell'allenza tattica Rafsanjani-Khatami, i tecnocrati e la borghesia
iraniana, normalmente filo-occidentale, si riconoscono in Rafsanajni.
Il popolo,
ovvero l'iraniano medio, a parte i primissimi anni della Rivoluzione,
caratterizzati da una mobilitazione di massa a favore della guida, l'imam
Khomeini, non ha avuto rappresentanti stabili nelle istituzioni. Questo
elettorato, per così dire, "qualunquista", è decisivo ai fini della
vittoria di un partito o un candidato.
Con le
elezioni a presidente di Rafsanjani nel 1989, una vittoria con il 90 percento
dei consensi, si era creata una sinergia sui generis tra i quattro poli
suddetti. Il risultato elettorale plebiscitario conferma ciò; un consenso di
questo tipo è possibile solo con la convergenza di tutto l'elettorato, in
pratica tutti i "tipi" di iraniani, hanno votato per Rafsanjani.
Nel 1993 il
consenso di Rafsanjani, uscito rieletto, si era affievolito nettamente. Ciò per
via del fatto che una parte degli "hezbollahi" e del popolo si era
disaffezionato al presidente, soprattutto per la sua politica economica troppo
liberista, almeno in paragone a quello che era stato l'Iran nel periodo bellico
1980-1988, con una forte mano nazionalista e "socialista", che aveva
causato molta inflazione e diseguaglianze.
Con
l'avvento di Khatami nel 1997, si era formato un nuovo asse:
tecnocrati-popolo-una parte del clero. Questo asse che per motivi diversi aveva
sostenuto Khatami, fu la base dell'imponente vittoria del leader riformatore.
La vittoria
elettorale di Ahmadinejad nel 2005 invece era il frutto dell'appoggio dell'asse
popolo-hezbollahi. Si opponevano a questo asse, come sostenitori di Rafsanjani,
sconfitto da Ahmadinejad, l'asse clero-tecnocrati.
Nel 2009
questa situazione è rimasta stabile, con la differenza che la maggiore
partecipazione popolare alle elezioni ha fatto aumentare sia i voti di
Ahmadinejad, sia quelli dell'uomo di Rafsanjani e Khatami, ovvero Mir Hossein
Musavi, ma senza cambiare la percentuale dei consensi dei due
"partiti": 60 percento contro 30 percento.
Nel 2013
Rafsanjani è riuscito a riprendere il controllo della situazione, facendo
confluire nella persona di Rohani, i voti del popolo, dei tecnocrati e del
clero. Dall'altra parte gli hezbollahi si sono divisi in più candidati, non
riuscendo così ad arrivare al ballottaggio, anche se per pochi voti.
L'approccio giudicato troppo
filo-occidentale di Rohani farà in modo che le divergenze con il fronte
hezbollahi aumentino, per non parlare di una grande delusione popolare per le
politiche economiche approssimative, che probabilmente nel giro dei prossimi
anni porteranno a una nuova ondata inflazionistica. La delusione ci sarà anche
tra i tecnocrati, attenti alle aperture nell'alveo delle libertà individuali e
della pacificazione con l'occidente; in questi ambiti Rohani non riuscirà
probabilmente a fare molto, deludendo molto la borghesia iraniana. In questo
modo Rohani perderà molto del suo consenso, arrivando spompato alle elezioni
del 2017. Ed è proprio per questo che il governo sta cercando in tutti i modi
di aprire agli investimenti occidentali, cercando così in un colpo di salvare
due tipi di sostenitori: i tecnocrati interessati a buone relazioni con gli
occidentali e il popolo, che spera così di vedere migliorata la situazione
economica del paese. Dobbiamo vedere se l'occidente è veramente interessato ad
aprire all'Iran - fino adesso ci sono state solo parole, ma di grandi
investimenti nemmeno l'ombra - e se quindi Rohani, attraverso il
"doping" degli investimenti stranieri, riuscirà a salvarsi dalla
bocciatura elettorale nel 2017. Staremo a vedere.
Abdolreza Davari è esperto di
politica ed economia, collaboratore dell'ex presidente iraniano Ahmadinejad; il
testo è la traduzione rielaborata, ma comunque attinente al significato
complessivo, dal persiano, curata da Ali Reza Jalali, di un post su facebook
dell'intellettuale iraniano
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