Jeffrey Payne, Schuyler Moore
Di seguito traduzione e sunto
a cura di Ali Reza Jalali di un articolo apparso sul sito della prestigiosa
rivista di politica internazionale pubblicata negli USA “The National Interest”.
Il titolo originale dell’articolo è “When Iran Comes In from the Cold...”.
Con l’estensione per altri
quattro mesi dei negoziati del 5+1 con l’Iran, si continua a sperare per il raggiungimento
di un accordo sulla questione del nucleare iraniano. Nei sei mesi passati, sono
emersi punti in comune tra i vari attori coinvolti per raggiungere un risultato
positivo, anche se non sono mancati anche momenti di forte disaccordo, per via
dei diversi interessi coinvolti. Ovviamente anche l’estensione dei negoziati
potrebbe portare a risultati negativi, come la fine definitiva delle
trattative, ma in ogni caso l’implicazione più importante e duratura della
vicenda è il ritorno dell’Iran in seno alla comunità internazionale. Per quanto
riguarda l’interesse nazionale americano poi, bisogna dire che nel breve
periodo un accordo con l’Iran potrebbe portare delle minacce agli USA in Medio
Oriente e in Asia centrale, ma nel lungo periodo sarebbero maggiori i vantaggi.
Ogni accordo con l’Iran nell’alveo
delle questione nucleare, sarebbe solo l’inizio del ritorno dell’Iran nella
comunità internazionale. Senza ombra dubbio le sanzioni hanno creato molti
problemi agli iraniani e ciò ha avuto un impatto importante sulla decisione di
Tehran di tornare in modo serio al tavolo delle trattative. L’alleggerimento
delle sanzioni internazionali avrebbe un impatto rapido sugli equilibri in Asia
centrale, visto l’interesse cinese nel creare una nuova via della seta, che
dovrebbe collegare la Cina al Mediterraneo, passando quindi proprio dall’Iran.
Non è un caso che la Repubblica Popolare è uno dei paesi che spinge maggiormente
per risolvere la crisi nucleare iraniana. La Cina sta investendo molto in Asia
centrale (recentemente 30 mld di dollari solo in Kazakistan) e il reintegro
dell’Iran nella comunità delle nazioni faciliterebbe gli investimenti nel paese
persiano, facendo si che gli iraniani possano modernizzare le proprie
infrastrutture. Si creerebbe così una macro-area di cooperazione economica e
ciò rappresenterebbe una importante opportunità per l’Iran di implementare la
propria influenza in Asia centrale, considerando anche l’alleggerimento della
presenza USA in Afghanistan. Inoltre, l’attivismo iraniano aumenterebbe le relazioni
commerciali con i paesi centroasiatici, facendo diminuire la dipendenza dell’area
da Russia e Cina. L’aumento della cooperazione regionale sarebbe anche una diga
contro alcuni problemi comuni dei paesi della regione come il traffico di droga,
l’immigrazione illegale e il terrorismo internazionale.
Se i vicini orientali dell’Iran
sarebbero contenti di eventuali alleggerimenti delle sanzioni internazionali e
del conseguente reintegro dell’Iran nella comunità delle nazioni, lo stesso non
si può dire per i vicini arabi. Sin dai tempi della rivoluzione islamica in
Iran i paesi della penisola araba guidati dall’Arabia Saudita hanno ingaggiato
con Tehran una lotta per il predominio regionale. Un Iran con meno sanzioni e
quindi più forte economicamente avrebbe maggiori opportunità di potenziare il
suo ruolo in Medio Oriente, con un ancora maggiore sostegno a Hezbollah in
Libano, alla Siria e al governo sciita iracheno. L’opposizione di Israele al
potenziamento dell’Iran è una ulteriore complicazione a tutta la vicenda; Tel
Aviv infatti è tra i principali oppositori delle trattative nucleari con l’Iran.
Il ruolo della Cina poi è importante anche in Medio Oriente, visto che la nuova
via della seta economica transiterebbe fino al Mediterraneo proprio attraverso
la regione a maggioranza araba. In Medio Oriente si trovano i principali
fornitori di energia della Repubblica Popolare, tra i quali Arabia Saudita,
Qatar e Iraq. Saldare i legami con l’Iran, in prospettiva di una sinergia
economica tra Pechino e il Mediterraneo, attraverso Iraq, Siria e Libano (paesi
in cui è forte l’influenza iraniana) e contemporaneamente avere legami
economici importanti con i paesi avversari degli iraniani come quelli della
penisola araba, trasformerebbe la Cina in un interlocutore fondamentale per
tutti gli equilibri regionali. D’altronde Israele e i paesi della penisola
araba si oppongono fortemente a questo ruolo centrale giocato dagli iraniani.
Gli USA sono quindi in una situazione difficile: vorrebbero raggiungere un
accordo sul nucleare iraniano, ma i suoi maggiori partner in Medio Oriente,
Israele e alcuni paesi arabi, sono i principali oppositori di ciò, avendo paura
del potenziamento iraniano.
Per gli americani raggiungere un
accordo con l’Iran sarebbe un vantaggio in Asia centrale, visto che ciò darebbe
l’opportunità a quell’area di svilupparsi. La situazione in Medio Oriente però
è più complessa, visto anche il fatto che ormai lo status quo regionale è molto
instabile. Inoltre la fine della sanzioni all’Iran aprirebbe definitivamente le
porte del Medio Oriente alla Cina, cosa che creerebbe problemi all’influenza
americana nella regione. Ci sono poi due punti importanti dal punto di vista
americano: il primo è che effettivamente si raggiunga un accordo con l’Iran sul
nucleare. Gli USA non accetteranno mai che il governo di Tehran possa dotarsi
di un potenziale atomico e fermare questo progetto sarebbe un grande successo
per Washington. Il secondo è che, in ogni caso, gli USA continueranno ad avere
un ruolo di primo piano in Medio Oriente, sia diplomaticamente che
militarmente. Comunque vada e qualsiasi cosa succeda gli americani resteranno
in Medio Oriente.
Jeffrey Payne e Schuyler Moore
sono importanti studiosi della politica internazionale e membri di centri di
ricerca prestigiosi negli USA.
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