Ali Reza Jalali
Da quando sono iniziati i radi
americani in Siria contro i gruppi islamisti avversari del governo siriano nel
nord del paese arabo, gruppi che sono stati ampiamenti finanziati dagli stessi
USA tramite i propri alleati regionali, gli stessi che stanno ora aiutando gli
USA – mi riferisco principalmente alle monarchie arabe del Golfo Persico – una domanda
ha iniziato ad assillarmi: come interpretare in modo razionale questo evento
che ha del clamoroso, visto che di fatto sta mettendo in difficoltà gli
oppositori di Assad?
Lo stesso governo damasceno è
stato informato degli attacchi e il comunicato ufficiale del Ministero degli
esteri non sembra indicare molto dispiacere da parte di Damasco. Vi sono varie
ipotesi da prendere in considerazione: una è che l’America è veramente in preda
alla schizzofrenia. Prima si sostengono gli oppositori di Assad, poi si
interviene in Siria, non per aiutare gli oppositori – interessante notare che i
raid non sono, come si era detto in precedenza, solo contro l’ISIS, ma anche
contro altri gruppi - ma per
bombardarli, tutti, islamici più o meno radicali, più o meno fanatici.
Se prendessimo per buona questa
ipotesi sarebbe inutile continuare a dibattere: la più grande potenza del mondo
è dominata da folli senza una strategia precisa – a dire il vero Obama qualche
tempo fa lo ha ammesso – e ciò vuol dire che tutto il mondo è in pericolo: l’America
con la sua forza distruttiva potrebbe in futuro fare sciocchezze simili, anche
su scala più ampia, mandando il mondo a rotoli, considerando anche il suo
potenziale nucleare. Ma qualcosa, in fondo, mi dice che questa ipotesi è
abbastanza grossolana. Aver creato una potenza politica gigantesca presuppone
una strategia precisa, il caso può essere decisivo e la follia è sempre
possibile, ma l’America ha oggettivamente ancora una forza tale da indurmi a
credere che questa ipotesi sia quanto meno imprecisa.
Procediamo dunque: un’altra idea
che mi viene in mente è che – soprattutto alla luce del coinvolgimento dell’Arabia
saudita nell’attacco contro l’ISIS, ovvero il principale sponsor degli
oppositori siriani di matrice salafita – i paesi arabi anti-Assad, non essendo
riusciti a convincere gli americani a bombardare i governativi, per tutta una
serie di motivi, ora invece, con lo spauracchio del terrorismo islamico e una
possibile riedizione dell’11 settembre abbiano almeno convinto gli USA a
bombardare, sempre in Siria, i ribelli più fanatici, preparando con clama il
terreno a una zona cuscinetto a nord, per poter un domani, chissà, promuovere un
intervento di terra dalla Turchia. In questo modo si creerebbe un mix di
interventismo sul terreno e azioni aeree, con la possibilità di prendere Aleppo
e farne una Bengasi siriana.
Questa seconda ipotesi già è più
credibile e verosimile della prima. Ma visto che non ne sono certo – in questi
anni ho imparato che a quelle latitudini può veramente succedere tutto e il
contrario di tutto, in pochissimo tempo – anche su ciò rimango perplesso.
Almeno in una cosa però sono
certo: l’intervento americano in Siria è molto simile al modus operandi yankee
in Pakistan. Lì gli americani da diversi anni compiono raid aerei contro gli
estremisti islamici, anche senza un coordinamento col governo centrale. Certo,
si potrà obiettare dicendo che il Pakistan è un alleato di Washington e la
Siria di Assad no. Ma se tralasciassimo questo fatto, ora la situazione sarebbe
veramente simile: un governo centrale che non controlla alcune aree del paese,
estremisti islamici tra gli oppositori del governo – estremisti che spesso
hanno flirtato con gli americani e coi sauditi – raid americani sporadici che
colpiscono i terroristi, ma anche i civili, come è già successo in Siria, senza
però riuscire a debellare completamente il problema islamista.
Non riesco a trovare uno scenario
più simile, visto che in Iraq in ogni caso il governo centrale quasi non esiste
– lo stesso dicasi di contesti come quello libico o afghano – e altre
situazioni, vedi l’Egitto, sono troppo diverse e non c’è uno stato di guerra
paragonabile alla situazione siriana.
In ciò un fatto psicologico e
strategico è fondamentale: l’America sembra, apparentemente, che stia facendo
un “favore” a pakistani e siriani. A rigor di logica, sta bombardando degli
oppositori di questi governi. Ma come concretizza tutto ciò? Con uno stile e
una forma molto discutibili, ovvero senza né chiedere l’autorizzazione al
governo del paese bombardato, né curarsi più di tanto del fatto che le zone
bombardate sono comunque piene zeppe di civili (Se Assad bombardava le città
era un “assassino di bambini”, lo fanno gli americani va tutto bene). Una volta
constatato ciò, mi è passato per la mente un intellettuale americano, il
celebre Leo Strauss, uno dei padri del neoconservatorismo americano. Egli
esplicitamente aveva teorizzato questo modus operandi: l’America – diceva Strauss
– in quanto grande potenza democratica, è legittimata a essere il gendarme del
mondo, un gendarme buono che vuole il bene del mondo. Il bene del mondo, la
pace, la democrazia e la libertà sono beni troppo importanti e per garantire la
stabilità e il predominio del bene sulle forze del male - forze che oggi
potrebbero essere rappresentante sia dal terrorismo islamico, sia dai regimi
autoritari o dalle semi-democrazie del terzo mondo - bisogna non farsi
scrupoli.
Le crisi internazionali e le problematiche
si devono risolvere – ovviamente il “si deve” è riferito al gendarme del mondo –
a tutti i costi, anche al prezzo di umiliare le altre nazioni. Addirittura il
gendarme del mondo - gli USA - può intervenire per togliere le castagne dal
fuoco agli altri, evidentemente incapaci di risolvere i propri problemi da
soli, a costo di umiliare e vilipendere i “nemici”, ma anche al costo di
offendere pesantemente chi deve essere salvato.
L’esempio che Strauss pone in
essere è quello del gigante Gulliver che per salvare Lilliput da un incendio,
urina – essendo lui un gigante – in testa ai suoi abitanti, dei nani. Gulliver
(il gendarme del mondo, un gigante in mezzo a un mondo di nani) salva Lilliput
dall’incendio, urinando, quindi umiliando i nani (1).
Il modus operandi che vediamo
oggi laggiù non è dissimile: non penso che l’America voglia salvare Assad, ma
in ogni caso l’azione USA ha come conseguenza un fatto importante. Il governo
siriano, pur senza coordinazione con la coalizione anti-ISIS, permette il
bombardamento di proprie città e della propria gente da parte di aerei
stranieri, senza intimidire l’invasore. Ovviamente ora la Siria non ha alcun
interesse a abbattere aerei americani, visto che tutto sommato gli USA stanno
bombardando i nemici di Assad. Ma rimane il fatto che anche la Siria è entrata
ufficialmente nell’alveo dei paesi del Medio Oriente in cui gli statunitensi
bombardano, il governo o i ribelli a questo punto poco cambia: Siria, Iraq,
Afghanistan, Pakistan, Yemen. La sovranità dello stato moderno in quelle regioni
è sempre stata una conquista difficile, ma anche quel poco di autorità statale
conquistata si sta sempre di più riducendo. Nelle macerie del Medio Oriente
rimangono pochi giganti e molti nani. Leo Strauss docet.
1-
Al riguardo vedi Shadia B. Drury, The
Political Ideas of Leo Strauss, Updated Edition, p. 39