di Ali Reza Jalali
“Tutti gli stati hanno una grande
strategia, che lo sappiano o no. […] Tutti gli stati hanno una grande
strategia, ma le grandi strategie non sono tutte uguali.” (1) Con queste frasi
il noto stratega e analista politico statunitense Edward Luttwak, conosciuto
anche qui da noi, si appresta a concludere il suo libro La grande strategia
dell’Impero bizantino (Rizzoli, 2009), in cui affronta il tema concernente
gli approcci utilizzati dall’Impero romano d’Oriente per riuscire in una
impresa che ha dell’incredibile: rimanere in vita per più di un millennio –
dalla morte di Teodosio I, ovvero quando avvenne la spartizione dell’Impero in
una metà a ponente e un’altra a levante, nel 395 d. C. fino alla caduta della
capitale Costantinopoli per mano dei Turchi ottomani nel 1453 – nonostante il
fatto di non avere una potenza militare paragonabile all’Impero romano
propriamente detto – crollato in Occidente molto prima – e la presenza ai
confini di potentissimi avversari, come i Persiani sasanidi, le varie potenze
islamiche arabe, iraniche o turche, i popoli della steppa di religione non
musulmana, gli Unni, gli Avari o i Bulgari, per non parlare delle terribili
invasioni mongoliche in tutta l’Eurasia.
Lungo i suoi mille anni di esistenza,
secondo l’autore, l’Impero è riuscito a elaborare una complessa ed efficacie
strategia che solo in una certa misura dipendeva dalla potenza bellica
bizantina: il segreto della straordinaria longevità dello stato guidato dal Basileus
sta infatti nella formidabile capacità di promuovere una azione diplomatica,
volta a far combattere tra di loro i nemici dell’Impero, oppure a corrompere
generali e politici del fronte nemico, sostenendo azioni di ammutinamento negli
eserciti rivali o veri e propri colpi di stato. Un esempio lampante di come si
concretizzava questa strategia è riscontrabile nel VII secolo, quando l’Impero
bizantino era ormai sull’orlo del collasso con le truppe dell’Impero persiano
sasanide alle porte di Costantinopoli. Ormai la guerra sembrava persa, ma
grazie ad alcuni intrighi sofisticati i bizantini riuscirono a corrompere il
generale persiano a guida delle truppe che avevano assediato la capitale,
generale poi che nel giro di qualche tempo arriverà addirittura a promuovere un
golpe militare contro il suo stesso Shahanshah, il Re dei re Cosroe II e
la sua oligarchia, che dal 603 al 626 aveva conquistato tutte le province
orientali dell’Impero bizantino, dall’Egitto alla Siria, fino a assediare la
stessa Costantinopoli.
In una sintesi perfetta tra diplomazia volta a dividere
il fronte interno dei persiani, alleanza con popolazioni turche dell’Asia
centrale, che attaccarono i persiani da est, costringendo Cosroe a una guerra
su un fronte che sembrava tranquillo, strategia militare difensiva – i bizantini
avevano eretto dal IV secolo una formidabile fortificazione per la loro
capitale – e un’ottima controffensiva in profondità, addirittura fino alle
vicinanze di Ctesifonte (nei pressi dell’odierna Baghdad), capitale dell’Impero
persiano sasanide, i bizantini guidati da Eraclio salvarono l’Impero dal
crollo, costringendo i persiani alla ritirata. Un altro esempio di grande
strategia attuata dai bizantini risale al periodo delle invasioni mongoliche,
che portarono alla devastazione di interi territori, dalla Cina all’Europa
orientale, passando per la steppa eurasiatica e tutto il Medio Oriente. Dal
XIII secolo in poi, i bizantini per evitare un confronto diretto con le truppe
di Gengis Khan e dei suoi eredi, elaborarono una strategia “matrimoniale”.
Il Basileus
decise infatti di dare in sposa delle parenti strette ai due figli di Gengis
Khan che si erano spartiti un territorio immenso, uno a nord, il Khanato dell’Orda
d’Oro, uno stato immenso a settentrione dell’Impero bizantino, che dall’Europa
orientale si estendeva all’Asia, e l’altro a sud, a levante dell’Impero romano
d’Oriente, che comprendeva il Medioriente attuale, alleandosi quindi coi
mongoli. Certo, tutto ciò non fu sufficiente a mantenere sempre un alto grado
di forza, infatti per lunghi periodi l’Impero bizantino non fu altro che la
Grecia più alcune parti dell’odierna Turchia, e nel 1204 i cristiani d’Occidente,
durante la Quarta Crociata, presero Costantinopoli di fatto estinguendo l’Impero,
che risorse poco dopo, ma con poche risorse e pochissima forza strategica. Ciò
non tolse però i bizantini dalla scena, almeno fino al definitivo crollo sotto
la spinta espansionistica dei Turchi ottomani nel XV secolo. In ogni caso la
storia bizantina dimostra, e ciò è spiegato egregiamente da Luttwak, che una
pur non straripante forza militare – anche se l’esercito bizantino era di tutto
rispetto, con un sistema fiscale che permetteva al Basileus di mantenere
alta la professionalità e l’addestramento delle truppe, ma comunque sulla carta
più debole di alcuni avversari – accompagnata da un’abile diplomazia, può
rivelarsi vitale per uno stato.
Certamente leggendo il libro non possiamo non
fare dei parallelismi e dei riferimenti alla storia contemporanea. Luttwak è
pur sempre un analista importante e seguito dai politici statunitensi. Il suo
messaggio in codice alla dirigenza di Washington sembra essere il seguente:
fate come i bizantini, usate la forza, ma con cautela e cercate di evitare la
guerra diretta contro i nemici. Bisogna prediligere la promozione della
divisione nel fronte interno degli avversari e avere la capacità di mettere i
nemici uno contro l’altro, affinché si indeboliscano vicendevolmente. Inoltre
mai distruggere completamente il nemico, in quanto potrebbe rivelarsi l’amico
di domani e non aiutare troppo gli alleati, rafforzandoli eccessivamente, in
quanto essi in un futuro non troppo remoto potrebbero rivelarsi dei temibili
avversari. Questo ultimo punto è stato praticato dai bizantini con lo stato dei
Bulgari, che per diverso tempo ha confinato con l’Impero romano d’Oriente. Il Basileus
spesso era alleato di questo popolo di origine centroasiatico, e usava le
truppe bulgare come uno stato cuscinetto contro i temibili nemici della steppa.
Ma senza mai rafforzarlo troppo, in quanto un alleato potente ai confini non è
mai una cosa positiva.
Non a caso i Bulgari spesso cambiavano alleanze e ogni
tanto da amici diventavano nemici di Costantinopoli. Nel mondo odierno le cose
non sono poi così diverse, chi vuole detenere l’egemonia in una regione o nel
mondo, ha diverse strade da seguire: ma la più logica e meno dispendiosa rimane
la permanente divisione nel fronte potenzialmente avversario. Le guerre sono
sempre difficili e anche una vittoria può essere il frutto di un sacrificio
enorme, sia economicamente che umanamente. La cosa migliore è fomentare “rivoluzioni
colorate” – in Persia nel VII secolo d. C. o in Medio Oriente e nell’est
europeo oggi, poco cambia – oppure far combattere tra di loro i propri
potenziali avversari – persiani e turchi nel VII secolo d. C. o europei e russi
oggi, poco cambia. L’importante è la gloria dell’Impero, bizantino o nordamericano,
poco cambia.
1- Edward N. Luttwak, La grande strategia dell’Impero bizantino,
Rizzoli, Milano, 2009, p. 473
Nessun commento:
Posta un commento