mercoledì 24 febbraio 2016

"Non è una sfida tra conservatori e riformisti, ma tra chi sta con gli oppressi e chi sta con gli oppressori": quando alcuni conservatori iniziano a dire quello che diceva Ahmadinejad

Ali Reza Jalali

Rasaei, deputato conservatore del Parlamento iraniano, estromesso dalla contesa del 26 febbraio 2016



Tra qualche giorno in Iran ci saranno due appuntamenti importanti, due tornate elettorali fondamentali: le elezioni legislative e il rinnovo del Consiglio degli Esperti. Non mi dilungo sulle funzioni di questi organi e sugli aspetti tecnici, visto che ne ho già discusso in altre sedi.

Quello che vorrei dire con questa breve nota è che si sta progressivamente concretizzando quello di cui parlava Ahmadinejad verso la fine del suo mandato presidenziale, ovvero il consolidamento di una grande coalizione di centro-destra-sinistra, un grande leviatano centrista, oltre le divisioni tra destra e sinistra, tra conservatori e riformatori, per far percorrere all'esperienza della Rivoluzione islamica dell'Iran la cosiddetta "via cinese", ovvero stabilizzazione istituzionale interna con un giro di potere limitato ad alcune aree specifiche (salvaguardia dell'aspetto esteriore della Repubblica Islamica), e al contempo una "distensione" con la c.d. comunità internazionale (ovvero USA e qualche paese europeo), finalizzata ad un mutamento della sostanza della Rivoluzione, con l'abbandono progressivo degli slogan rivoluzionari. 

Il principale sentore di ciò è rappresentato dal fatto che ormai è chiaro a tutti come vi sia un generale passaggio dal c.d. conservatorismo all'area centrista (lo stesso vale anche per il campo riformatore) di molti personaggi politici importanti, primo tra tutti il leader dei conservatori in Parlamento, Ali Larijani. 

Il progetto del grande centro della Repubblica Islamica di certo non è nuovo, e lo stesso dicasi per la "via cinese", se ne parlava già negli anni '90 sotto la presidenza Rafsanjani. Allora l'idea era quella di togliere il divieto costituzionale al limite dei due mandati consecutivi per il Presidente della Repubblica, sul modello del presidenzialismo di taluni paesi sudamericani, andando incontro quindi ad una presidenza Rafsanjani a vita. 

Il progetto fu sponsorizzato, allora come oggi (parliamo del progetto del grande centro; la via cinese e il presidenzialismo a vita ne sono conseguenze dirette), da Rafsanjani, con l'assistenza di frange della destra e della sinistra. 

Il progetto del grande centro versione 2.0, a mio modo di vedere, ha iniziato ad innescarsi durante gli anni del governo Ahmadinejad: gli eventi del 2009, le tensioni istituzionali, le accuse di deviazionismo, l'affare Mashai, la decisione della Consulta di bocciare quest'ultimo e Rafsanjani (secondo alcuni Rafsanjani sapeva benissimo di non poter partecipare alle elezioni, la sua presenza era solo una scusa da concedere ai giudici costituzionali per poter eliminare anche Mashai dalla contesa, facendo sembrare il tutto un gioco di equilibrio: in questo modo i giudici costituzionali potevano dire all'opinione pubblica, "siamo talmente imparziali che abbiamo fatto fuori dalla contesa presidenziale del 2013 sia l'ahmadinejadiano Mashai, sia l'anti-ahmadinejadiano Rafsanjani": non a caso il risultato elettorale di questa complessa macchinazione è stata la vittoria del centrista (ex conservatore riciclatosi baluardo dell'elettorato riformatore, rafsanjanista convinto) Hassan Rohani. 

Ora siamo ad un altro momento dove le maschere sono cadute: Larijani (conservatore) è passato ormai chiaramente con l'asse Rohani-Rafsanjani. La Consulta (e le sue diramazioni locali), organo nel quale molti sono gli elementi autenticamente rivoluzionari, ma molti sono anche gli elementi che aderiscono al progetto del grande centro, ha fatto fuori dalla contesa elettorale (esattamente come aveva fatto nel 2013), sia alcuni elementi vicini a Rafsanjani, sia alcuni elementi avversi (il peso specifico di questi ultimi pare essere di gran lunga maggiore, infatti Hamid Reza Rasaei, deputato dell'area conservatrice tra i principali oppositori dell'asse Rohani-Rafsanjani, uno dei più noti parlamentari iraniani, è stato eliminato dalle elezioni di questo venerdi). 

Proprio Rasaei dal suo sito internet esprime in modo riassuntivo il pensiero che ho voluto esprimere nelle righe precedenti: nella Repubblica Islamica dell'Iran non esiste uno scontro reale tra destra e sinistra, tra riformatori e conservatori, ma esiste una battaglia tra chi vuole normalizzare la Rivoluzione islamica dell'Iran (grande centro) e chi vuole rimanere aggrappato agli ideali (nei fatti e non solo a parole) dell'Imam Khomeini. 

Rasaei nel suo sito parla di contrapposizione tra chi sostiene gli oppressi e chi sostiene gli oppressori, e personalmente mi compiaccio di ciò; peccato che quando Ahmadinejad (il quale ha confermato di non sostenere alcuna lista per le elezioni parlamentari) parlava di queste cose molti lo accusavano di deviazionismo, soprattutto tra i conservatori, molti dei quali oggi sono diventati sostenitori dell'asse Rafsanajni-Rohani. 

lunedì 1 febbraio 2016

L'Iran verso il rinnovo del Parlamento (e non solo)



Il 26 febbraio 2016 si terranno le elezioni parlamentari in Iran, momento importante per valutare l'orientamento dell'elettorato persiano all'indomani dei viaggi in Europa del Presidente della Repubblica Rohani, dell'Accordo di Vienna e di tre anni di governo. Un test importante anche per l'esecutivo quindi, il quale dovrà presentarsi agli elettori l'anno prossimo per le presidenziali. 

Ma in ballo c'è anche il rinnovo dell'Assemblea degli Esperti, organo istituzionale composto da una novantina di membri, esperti di materie religiose e di diritto islamico, che rimarranno in carica 8 anni. Tra i compiti di questo organismo, quello molto delicato della scelta della Guida della Rivoluzione, in caso di dipartita dell'attuale capo carismatico, l'Ayatollah Khamenei. 

Vista l'età avanzata di quest'ultimo, molti analisti concordano che l'Assemblea eletta quest'anno, dovendo rimanere in carica per otto anni, con una buona probabilità avrà il compito di designare il successore di Khamenei.

Quindi, la tornata del 26 febbraio, che poi avrà una seconda fase in primavera, sarà molto importante per il futuro del paese persiano e per gli equilibri interni di potere. 

Per quello che riguarda il rinnovo dell'assemblea legislativa, possiamo dire che sino a questo momento sembrerebbe profilarsi uno scontro tra due fazioni principali, ovvero da un lato un gruppo di potere guidato dal binomio Rohani-Larijani (quest'ultimo attuale capo dei conservatori in Parlamento e Presidente del potere legislativo stesso), con la figura dell'ex Presidente Rafsanjani come padrino, e dall'altro i conservatori che non si riconoscono più nel progetto, giudicato eccessivamente centrista e filo-governativo, di Ali Larijani.

In pratica avremmo a che fare con un nuovo assetto del bipolarismo iraniano, non più conservatori contro riformisti, ma conservatori contro centristi, con una emorragia dei membri della prima fazione verso la seconda, oggi egemone all'interno del potere esecutivo guidato da Rohani. 

Qui rischiano di scomparire completamente dalla scena del prossimo Parlamento sia i riformisti, i quali candidati sono stati spesso oggetto di un severo giudizio da parte della Corte costituzionale di Teheran, che ha bocciato molte candidature di quell'orientamento, sia i conservatori vicini a Misbah Yazdi, di orientamento più radicale rispetto alla fazione di Larijani, i quali vedrebbero ridurre la propria presenza al minimo. 

Per non parlare poi di eventuali sostenitori dell'ex Presidente Ahmadinejad, totalmente fuori dalla contesa, visto che lo stesso Ahmadinejad attraverso un comunicato ufficiale ha fatto sapere che non sosterrà alcuna lista. 

In pratica, la maggioranza del prossimo Parlamento iraniano o sarà in mano all'asse Rohani-Larijani (ovvero una conferma dell'attuale maggioranza), o vedrà, ipotesi meno probabile, l'emergere di una nuova componente conservatrice, delusa dall'operato del governo e che considererebbe Ali Larijani una sorta di traditore della causa conservatrice. 

Certamente la gente comune non sembra essere entusiasta del nuovo corso rohanista, soprattutto per una situazione economica che non tende a decollare, nonostante le promesse del governo; ma d'altro canto non sembra esserci, almeno per le prossime elezioni del Parlamento, una vera alternativa all'attuale classe dirigente.