sabato 25 ottobre 2014

"L’ombra lunga del conflitto Iran-Iraq"


 

A cura di Ali Reza Jalali

In un articolo apparso sul sito della prestigiosa rivista statunitense di politica internazionale “The National Interest” (1) firmato da Behnam Ben Taleblu, ricercatore della “Fondazione per la Difesa delle Democrazie” (2), si analizzano alcuni dei fattori legati alla guerra tra Iran e Iraq negli anni ’80. Ben Taleblu critica l’approccio occidentale volto a snobbare questa guerra e a non dare il giusto rilievo a quello che secondo lui sarebbe il principale fatto storico che ha influenzato l’ideologia e la prassi dei dirigenti della Repubblica Islamica dalla sua fondazione a oggi. In primo luogo la guerra tra i due paesi mediorientali avrebbe dato l’opportunità, nonostante il conflitto sia stato iniziato da Baghdad, ai tempi di Saddam, agli iraniani di internazionalizzare la propria rivoluzione: non è un caso che il fondatore dello Stato islamico iraniano, l’Ayatollah Khomieni, abbia da subito posto l’accento sull’importanza dell’esportazione della Rivoluzione islamica, tesi a grandi linee, almeno negli anni ’80, avvallata dalle varie anime della dirigenza di Tehran, anche dai cosiddetti moderati come Rafsanjani.
 
Tutti erano convinti infatti che – soprattutto dal 1982, ovvero da quando l’Iran decise di invadere in territorio iracheno dopo che per i primi due anni il conflitto era andato avanti in modo favorevole alle truppe irachene – il popolo iracheno si sarebbe ribellato a Saddam, promuovendo un cambio di regime che avrebbe potenziato il ruolo di Tehran come avanguardia rivoluzionaria nel mondo islamico. Quelli, in fondo, erano anche gli anni della fondazione di Hezbollah in Libano. Da un lato gli iraniani vedevano nella guerra contro Saddam un conflitto dell’Islam rivoluzionario contro un regime empio, d’altro canto vi era la netta convinzione, come disse più volte anche l’attuale Guida, allora presidente, Khamenei, che la guerra dell’Iraq contro l’Iran fosse iniziata grazie al “lascia passare” di Washington. Tale conflitto, passato in secondo piano per gli occidentali, più concentrati su fatti come il colpo di Stato contro Mosaddeq o la Rivoluzione islamica del 1979, ha talmente forgiato la mente dei politici iraniani che tutti, nessuno escluso, in qualche modo cercano di crearsi una legittimazione morale attraverso il fatto di aver in qualche modo partecipato al conflitto.
 
Ciò vale per molti illustri politici di Tehran, come ad esempio l’ex presidente Ahmadinejad, ma anche tanti altri. L’aver partecipato al conflitto rappresenta agli occhi degli iraniani un valore aggiunto che nessun altro evento della storia contemporanea iraniana ha; esso è in assoluto il fatto storico più importante, un momento che è divenuto mito, leggenda. Questa guerra, definita dagli iraniani come “sacra difesa”, ancora oggi è al centro della nostalgia rivoluzionaria, come se rappresentasse una sorta di età dell’oro della Repubblica Islamica. Nell’articolo apparso su “The National Interest” intitolato “L’ombra lunga del conflitto Iran-Iraq”, emerge con chiarezza tutto ciò, e si sottolinea come il fatto di considerare quel periodo come qualcosa di mitico non dipenda solo dallo sforzo bellico, ma anche dal fatto che quei primi anni della Repubblica Islamica coincidono col periodo in cui il fondatore dello Stato, l’Ayatollah Khomeini, fosse in vita e esercitasse la sua autorità politica, religiosa e carismatica.
 
Spesso gli intellettuali vicini alla dirigenza iraniana definiscono gli anni del conflitto come “la migliore epoca della Repubblica Islamica dell’Iran”, epoca contraddistinta dalla semplicità dei modi di fare e dallo zelo rivoluzionario, affievolito con la fine delle ostilità. Per l’Iran, la guerra Iran-Iraq fu piena di dure lezioni militari. Il conflitto ha evidenziato numerose carenze militari convenzionali dell’Iran e alcuni problemi di comando e controllo. Durante la guerra, gli attacchi iraniani contro le fortificazioni irachene riassumevano ciò che il valore e lo zelo potevano fare contro la superiorità tecnologica. Ma i successi tattici limitati dell’Iran, come la presa della zona di Faw, alla foce del fiume Shatt al-Arab, non riuscirono a cambiare le sorti del conflitto, anche perché successivamente iniziarono gli attacchi chimici di Saddam e le azioni statunitensi di belligeranza diretta contro gli iraniani, a scongiurare la vittoria di Khomeini. Nonostante tali battute d’arresto sul campo di battaglia, gli iraniani hanno interpretato il conflitto e lo sforzo bellico come una necessità volta alla persuasione dei nemici.
 
Questo modo di pensare è stato confermato anche da Hassan Rahimpour Azghadi, membro del Consiglio per la Rivoluzione Culturale: “Se non fosse stato per questi otto anni di guerra, dieci guerre ci sarebbero state imposte. E queste stesse guerre che hanno avviato in Libano, Siria e Iraq, sarebbero arrivate anche in Iran.” Ben Taleblu ritiene tali affermazioni esagerate in quanto dal punto di vista strategico gli iraniani non avrebbero beneficiato troppo dalla guerra; ma rimane il fatto che, e ciò è ammesso nell’articolo, una parte consistente delle capacità militari acquisite da Tehran oggi, sono dovute a quegli anni terribili. Gli anni della guerra hanno insegnato a Tehran di guardare con attenzione ai propri confini occidentali; per l’Iran è fondamentale ciò che accade oggi in Iraq e molte delle prese di posizione degli iraniani nel contesto attuale sono la conseguenza di quello che è successo negli anni’80.
 
L’Iran oggi sostiene sia il governo iracheno, di impronta antitetica rispetto all’esperienza di Saddam, sia quello siriano, memore del fatto che la Siria degli Assad fu al fianco di Tehran durante il conflitto con l’Iraq, uno dei pochi casi nel mondo arabo, tendenzialmente ostile allo Stato islamico di Khomeini. Ben Taleblu conclude il suo articolo sottolineando come nonostante tutto la guerra Iran-Iraq ha rappresentato un momento fondante per l’ideologia della Rivoluzione islamica e che quella guerra, per gli attuali dirigenti iraniani, spesso coinvolti direttamente nello sforzo bellico, ha rappresentato, grazie all’impegno e allo zelo, una prova divina per la perpetuazione della Rivoluzione islamica e non solo una semplice guerra tra nazioni.   

 

1-      Behnam Ben Taleblu, The Long Shadow of the Iran-Iraq War, in The National Interest “On line”, 23 ottobre 2014.

2-      Un centro di ricerca ritenuto vicino al Partito Repubblicano.   

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