domenica 21 luglio 2013

Il colpo di stato in Egitto e le complicazioni connesse





di Ali Reza Jalali 


Le interpretazioni sul colpo di stato in Egitto continuano ad essere abbastanza diverse tra i vari opinionisti. Come avevo detto qualche tempo fa "i Fratelli Musulmani rischiano così un nuovo periodo di marginalizzazione dal potere politico del Cairo, andando in contro ad una seria sconfitta anche nella regione, considerando il fallimento del piano riconducibile alla caduta di Assad in Siria, dove la Fratellanza aveva il ruolo politico più importante nell'opposizione al governo damasceno." (1) Ma ridurre il tutto a ciò, così come si stanno evolvendo le cose sarebbe troppo semplicistico. Sono arrivate le prime dichiarazioni ufficiali dei vari governi. Abbiamo condanne nette per ciò che concerne i ministeri degli esteri di paesi come Turchia e Iran. In quest'ultimo paese però bisogna notare che gli ambienti militari, legati alla Guardia Rivoluzionaria, non sembrano così dispiaciuti. Infatti uno dei capi dei Pasdaran ha detto: "Dobbiamo fidarci del popolo egiziano ed è normale che la gente si ribelli ad un governo che non mantiene le promesse date." Anche l'esercito "laico" della Turchia è presumibile che non sia così dispiaciuto del golpe che estromette dal Cairo un alleato di Erdogan, l'islamista moderato. 

Chi è sembrato molto contento della caduta di Morsi è sembrato il presidente Assad, che avendo i FM come avversari nel suo paese, è arrivato a dire che "la caduta di Morsi rappresenta la fine dell'islam politico". Una dichiarazione simile è stata pronunciata dal premier israeliano. "La caduta del presidente egiziano Mohamed Morsi, deposto di recente dai militari, appare conseguenza del fallimento dei Fratelli Musulmani nel dare risposte alle aspirazioni delle 'Primavere arabe'. Lo ha affermato il premier israeliano Netanyahu, commentando la situazione nel vicino Egitto in una rara deviazione dalla linea del silenzio. ''Io credo che alla lunga i regimi islamico-radicali siano destinati a fallire perche' non offrono il rinnovamento necessario'', ha detto Netanyahu." (2)

Ciò dimostra che a livello regionale dare un giudizio netto di quello che sta succedendo non è semplice. Anche in Israele a dire il vero le opinioni sono discordanti. Alcuni media hanno accolto con dispiacere la caduta di Morsi, soprattutto quelli vicini alla sinistra israeliana. Come vediamo, sia in Turchia, sia in Iran, ma anche in Israele, non vi sono opinioni univoche sulla caduta di Morsi. 

Chi senza ombra di dubbio è contento della situazione egiziana quindi, oltre la Siria, è l'Arabia Saudita; anche il Qatar sembra in preda allo sconforto e l'espulsione dell'Imam di Al Jazeera, particolarmente vicino alla Fratellanza Musulmana, è un segnale forte del ridimensionamento delle pretese interventiste del piccolo emirato del Golfo Persico. 

Vedremo cosa accadrà nel breve, ma ora l'Egitto sta prendendo una strada simile a quello che era il regime di Mubarak, ovvero dominio incontrastato dei militari, alleanza con Israele, che a dire il vero lo stesso Morsi non sembrava aver messo in discussione, e confronto duro con l'Iran, vista anche la chiusura degli uffici del canale panarabo gestito dagli iraniani Al Alam, canale che godeva di una certa libertà di azione al tempo di Morsi. Ma questa situazione cambierà, anche perché i militari saranno costretti, almeno nel giro di 1-2 anni, a organizzare nuove elezioni; quando il potere tornerà in mano ai civili, in modo più o meno completo, l'atteggiamento potrebbe cambiare; potrebbe andare al potere un Mubarak "moderato", un leader non islamista, o comunque non dei FM, con un atteggiamento meno anti-iraniano dell'esercito egiziano, notoriamente finanziato dagli USA e in buoni rapporti con Israele. 



(1) http://palaestinafelix.blogspot.it/2013/07/le-riflessioni-di-ali-reza-jalali-sugli.html
 (2) http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/topnews/2013/07/21/Egitto-Netanyahu-Morsi-flop-Islam_9054533.html

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