mercoledì 7 agosto 2013

La situazione iraniana: embargo economico, nuovo governo, situazione regionale, relazioni con l’Italia


Ali Reza Jalali
Iranian-IntelligenceIn Iran vige un embargo economico dagli anni ’80, embargo quest’ultimo voluto principalmente dall’amministrazione nordamericana, in quanto da dopo il 1979, uno degli obiettivi strategici di Washington è sempre stato quello di promuovere, con ogni mezzo possibile, un cambio di regime a Tehran. I nordamericani sono storicamente ossessionati da un eventuale avvicinamento tra Mosca e Tehran; al riguardo Eisenhower, negli anni ’50, quando in Iran era primo ministro Mosaddeq, che aveva nazionalizzato il petrolio iraniano, disse chiaramente: “Se Mosca e Tehran dovessero avvicinarsi, non vi sarebbe più un solo posto sicuro sulla faccia della terra per i paesi occidentali”. Il crollo dell’URSS non ha modificato l’obiettivo vero degli USA nel continente eurasiatico, ovvero l’accerchiamento geopolitico della Russia (e della Cina). In un contesto del genere l’Iran ha un ruolo importante, in quanto se la Repubblica Islamica si alleasse con la Russia, gli USA non riuscirebbero a completare l’accerchiamento di Mosca da sud, in Medio Oriente, dopo che il crollo del blocco sovietico ha proiettato la NATO a ovest dei confini russi. Le sanzioni all’Iran promosse dall’Occidente quindi, non hanno come vero obiettivo, come ufficialmente viene detto, evitare che il paese mediorientale arrivi alla bomba atomica, in quanto le sanzioni economiche c’erano anche prima che si sapesse del programma nucleare iraniano, ma solo per creare problemi all’economia iraniana, fomentando quindi il caos sociale in Iran, sperando in una sommossa popolare che scalzi l’attuale leadership di Tehran. Il risultato concreto di queste sanzioni “paralizzanti”, come le hanno definite i nordamericani, è principalmente riconducibile alla crescita dell’inflazione e alla grande difficoltà che Tehran ha nel promuovere il commercio con l’estero, viste le restrizioni sulle transazioni internazionali, e ultimamente anche sulla vendita della principale risorsa dello Stato, ovvero il petrolio. Il punto è però questo: l’Iran ha un sistema economico autarchico, non a caso il PIL reale dell’Iran si attesta intorno ai 900 mld USD, a fronte di un interscambio commerciale con l’estero (import-export) intorno ai 100 mld USD. Ciò vuol dire che il mercato iraniano è poco integrato nel sistema internazionale; in una situazione normale ciò potrebbe sembrare uno svantaggio, ma nella condizione attuale, dove l’Iran è oggetto di pesanti pressioni internazionali, soprattutto occidentali, è un bene, in quanto rende il paese meno ricattabile. Se l’Iran dovesse chiudersi completamente, e quindi abdicare anche ai 100 mld USD di interscambio commerciale, nel medio e lungo periodo riuscirebbe comunque a venirne fuori, i problemi riguardano il breve periodo, ma a quanto pare, pur nelle difficoltà, la situazione sociale iraniana procede nella norma, senza gravi mutamenti rispetto ad un paio di anni fa. Non vi è nulla che possa al momento far presagire ad una ribellione di massa contro le autorità, come sperano a Washington o Tel Aviv. Per quello che riguarda i giovani poi, devo dire che l’Iran è un paese molto giovane, che ha raddoppiato la propria popolazione nell’ultimo trentennio. Il principale problema dello Stato quindi è di dover creare occupazione, in quanto il 70 percento dell’economia iraniana è pubblica, per milioni di giovani, persone nate negli anni ’80 e che ora, intorno ai trent’anni, dopo aver concluso gli studi, visto che l’Iran è una nazione con un’alta percentuale di laureati, devono avere un lavoro. Ciò non è una cosa semplice, anche se, bisogna dire, per ciò che concerne le politiche occupazionali, la situazione iraniana non è drammatica come certi paesi europei; le statistiche parlano chiaro, in Spagna e in Grecia siamo intorno al 25 percento, per quello che riguarda il tasso di disoccupazione, per non parlare di quella giovanile. In Iran invece siamo abbondantemente sotto queste cifre. D’altronde i giovani iraniani come tutti i loro coetanei nel mondo, pensano a mettere su famiglia e dobbiamo ammettere il fatto che il governo di Ahmadinejad, costruendo circa 4 milioni di appartamenti, e mettendoli sul mercato ad un prezzo irrisorio rispetto al valore veniale del mercato immobiliare, ha dato l’opportunità a tante giovani coppie di iniziare la propria vita comune in modo agevolato rispetto alla situazione precedente. I problemi in generale non mancano, ma sono convinto che con le pressioni internazionali che ha l’Iran, qualsiasi altro paese, anche industrializzato, sarebbe sull’orlo della guerra civile.
L’elezione di Hassan Rohani d’altronde, apre nuove prospettive al paese mediorietnale, in quanto, il governo iraniano, cercherà nel limite del possibile, considerando anche la volontà occidentale al riguardo, di riappacificare la Repubblica Islamica con l’Europa.
Per quello che riguarda l’approccio con l’Iran da parte degli USA, bisogna essere onesti, al di là della retorica “positiva” di Washington, le sanzioni economiche continuano ad aumentare, anche sotto il governo Rohani; si continua da parte di Obama e dei suoi collaboratori a considerare l’Iran non come un interlocutore credibile. Penso che non cambierà nulla rispetto al passato recente; in questo momento i nordamericani sono impegnati su più fronti contro l’Iran. Oltre alla guerra economica, propagandistica ecc., vi è la guerra propriamente detta, che però si combatte per interposta persona in Siria. Gli USA, l’UE, alcuni paesi islamici (Turchia, Qatar, Arabia Saudita) e Israele coi ribelli anti-Assad, e l’asse Hezbollah-Iran-Russia con il legittimo governo damasceno. In una situazione del genere, non penso che l’amministrazione Obama abbia reali intenzioni di distensione con l’Iran.
Sul fronte europeo invece la situazione potrebbe essere diversa. L’Italia soprattutto, è un paese che storicamente è legato all’Iran. Le relazioni bilaterali sono datate, addirittura bisogna risalire alle relazioni tra Roma e i Parti, senza dimenticare che il popolo italiano e quello iraniano hanno un’unica discendenza etnico-linguistica, visto che entrambi appartengono ai popoli indoeuropei. Detto ciò, in questo momento storico i margini di sovranità dell’Italia si stanno riducendo sempre più; se ai tempi della “prima Repubblica” vi era un minimo di autodeterminazione in politica estera rispetto agli USA, oggi come abbiamo potuto tristemente constatare nell’aggressione contro la Libia, guerra promossa anche dall’Italia, in palese contraddizione con l’interesse nazionale di Roma, visto che la Libia di Gheddafi era un partner economico importante per l’Italia, l’autonoma italiana viene sempre meno, e questo ha delle ripercussioni negative nei rapporti con l’Iran, paese visto dagli USA come nemico. L’Iran e l’Italia erano fino a qualche anno fa ottimi partner commerciali, con un interscambio che aveva raggiunto quasi i 10 mld USD, cifra importante in questo momento di crisi economica. Con le imposizioni di ulteriori e sempre più pesanti sanzioni, le aziende italiane sono state costrette ad abbandonare il mercato iraniano, paese di 75 milioni di abitanti dove la disponibilità economica della borghesia, paradossalmente grazie alle sanzioni che hanno promosso l’inflazione e quindi la speculazione dei ricchi, e di chi detiene anche un piccolo capitale investito, ad esempio immobiliare, sono amentate. Perdere il mercato iraniano per gli italiani vuol dire perdere dei posti di lavoro in Italia; tutto ciò non aiuta a risolvere la crisi economica. Il discorso vale in generale per l’Europa, che è vittima di una crisi nata nel 2008 negli USA, ma che sta avendo le più gravi conseguenze nel Vecchio Continente, a dimostrazione che solo una politica estera europea autonoma dagli USA può essere la base per risolvere molti problemi, non solo in Europa, ma anche per migliorare i rapporti tra Europa e Vicino Oriente. Noi siamo, che ci piaccia o no, vicini di casa; i nordamericani stanno dall’altra parte del mondo. Noi siamo interessati alla stabilità e alla pace nel Mediterraneo, loro no, per ovvi motivi geografici. Gli USA promuoverebbero mai, nel contesto attuale, la destabilizzazione del Canada?
Passando poi alle relazioni tra la società civile iraniana e italiana, debbo ammettere che la percezione che hanno gli italiani dell’Iran è nel complesso negativa, per via di una pesante propaganda anti-iraniana presente nei principali media italiani. Il motivo è semplice: i media più importanti o sono statali, quindi legati ai dirigenti politici che in Italia hanno quasi tutti un orientamento atlantista, oppure sono legati al grande capitale finanziario, anch’esso vicino agli ambienti dell’alta finanza internazionale, che ha i suoi punti di riferimento a Washington, Londra e Tel Aviv. E’ chiaro che l’Iran, dal punto di vista delle alleanze internazionali, si trova in uno schieramento avverso rispetto all’asse USA-Gran Bretagna-Israele, e quindi è normale che nei media legati a questo sistema di alleanze internazionali il paese mediorientale sia visto negativamente. Ma poi per l’Iran c’è da dire una cosa ulteriore. Siccome l’ordinamento della Repubblica Islamica è di tipo religioso, e quindi legato all’Islam, ciò, per via di una errata percezione della popolazione italiana rispetto al fenomeno islamico nel suo complesso, rende l’Iran ancora più un paese “negativo”. Detto ciò non posso negare che molte volte il problema dell’Islam sono gli stessi musulmani, che con certi atteggiamenti irrazionali e massimalisti, fanno cattiva pubblicità alla religione islamica stessa: basterebbe solo fare l’esempio di quello che sta avvenendo in Siria. I ribelli, spesso legati all’ideologia dell’estremismo islamico, stanno compiendo atti di una barbarie indescrivibile, e tutto in nome dell’Islam; in nome di questa religione stanno decapitando le persone, solo perché appartengono a una certa confessione religiosa che magari loro considerano ereticale, in nome dell’Islam violentano bambine, sgozzano civili inermi e cose di questo tipo. Ma se questo è l’Islam, anche io che sono musulmano, cercherei di starne alla larga. Questo tipo di Islam d’altronde, non dobbiamo mai dimenticarcelo, è sempre stato alleato degli USA, oggi in Siria, ieri in Afghanistan contro i sovietici. Questo Islam che infanga il nome del “puro” Islam, è una forma islamica che già l’imam Khomeini, guida della rivoluzione iraniana del 1979 aveva ribattezzato “Islam americano”. Per quello che riguarda invece l’opinione degli iraniani riguardo all’Italia, devo dire che nel complesso è positiva. In Iran il “made in Italy” è apprezzato, la tv pubblica iraniana spesso trasmette in diretta le partite di calcio della serie A italiana; infatti il calcio del “Bel paese” è molto apprezzato dai giovani iraniani, per non dire poi della moda e di alcuni “serial” italiani che gli iraniani seguono molto, come “Carabinieri” o altri ancora, trasmessi sempre dalla tv pubblica iraniana.
In generale in Italia, per via della sudditanza psicologica che esiste, e sarebbe inutile negarlo, nei confronti della potenza egemone, che occupa il suolo italiano con oltre 100 installazioni militari (gli Stati Uniti), a livello mediatico vi è una pesante propaganda contro l’Iran. Questo paese da 35 anni viene dipinto come sull’orlo del collasso economico, isolato e reazionario. La verità è diversa: l’Iran è secondo il FMI la diciassettesima potenza economica del mondo (PIL reale) e secondo il piano strategico del governo di Tehran “Iran 2035”, nel prossimo ventennio dovrà entrare, sempre secondo il PIL reale, tra le prime sette potenze economiche del mondo. Nonostante il pesante embargo economico e le difficoltà, le statistiche dimostrano che nell’ultimo ventennio la giustizia sociale è aumentata, così come il benessere generale. Negli anni ’80 in Iran c’era un’automobile ogni 27 persone, oggi invece un’automobile ogni 7. Sull’isolamento politico e diplomatico dell’Iran bisogna dire che , in primo luogo, la Repubblica Islamica è a capo del Movimento dei paese non allineati, ovvero un gruppo di 120 nazioni. L’Iran è un paese membro osservatore del Trattato di Shanghai per la Cooperazione, alleanza eurasiatica che riunisce Russia, Cina, India e altri paesi di questo agglomerato imponente di nazioni, dalla Bielorussia all’Estremo Oriente. Entro il 2050 i paesi di questa macro-area geografica, nel loro complesso produrranno circa la metà del PIL, reale e nominale, del mondo intero. L’Iran oggi è un paese che, come ha detto qualche anno fa il presidente boliviano Morales, rappresenta un modello per i paesi in via di sviluppo, non solo a livello regionale, ma anche in America Latina, come sottolineato più volte dai leader di paesi come Venezuela, Ecuador e altri ancora. Per ciò che concerne invece la questione del “reazionarismo”, mi concentro solo su alcune statistiche impressionanti. Negli anni ’70 in Iran, quindi al tempo del vecchio regime filoamericano, in Iran le università non riuscivano a immatricolare più di 30 mila studenti all’anno. Oggi siamo oltre il milione di iscrizioni. Solo gli iscritti al primo anno del dottorato di ricerca saranno 30 mila entro i prossimi quattro-cinque anni. L’Iran è stato il paese al mondo che ha avuto la maggiore crescita scientifica nell’ultimo decennio. L’Iran è il paese al mondo col maggiore numero di studentesse rispetto agli studenti. Ai tempi del vecchio regime le donne non andavano nemmeno a scuola, a meno che non fossero figlie delle famiglie ricche dell’alta borghesia. Anche perché per andare a scuola, ci vogliono le scuole, cosa che allora non c’era in tutti i centri abitati. Tanto è vero che in paesotti di 15 mila abitanti, se una persona doveva andare a fare le superiori, spesso doveva spostarsi e fare più di cento chilometri. Quindi, o non si andava a scuola, o ci andavano solo i figli dei ricchi che potevano permettersi di affittare un appartamento ai propri figli maschi in una città dove ci fosse la scuola superiore. Infatti la mentalità iraniana di allora, sotto la “moderna” monarchia Pahlavi, era molto maschilista, e non era ben vista una ragazza che andasse a vivere da sola in città. Questo era l’Iran degli anni ’70, non nel Medio Evo. Oggi la situazione è ben diversa, grazie al “regime reazionario”.
In tutto ciò i compiti principali del nuovo governo iraniano sembrano essere principalmente riconducibili alla promozione della stabilità economica all’interno e della distensione con l’Europa a livello internazionale. Nei prossimi quattro anni a Tehran si muoveranno su queste due direttrici; riuscirà il presidente Rohani, in carica dallo scorso 3 agosto nell’impresa? La strada da percorrere non è semplice, anche perché le aspettative in Iran sono molto alte, ed è noto a tutti che quando le aspettative sono eccessive, c’è sempre un po’ di delusione. Staremo a vedere se i persiani riusciranno a potenziare il loro “piccolo impero”.

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