lunedì 4 agosto 2014

Il ritorno dell’Iran nella comunità internazionale



 

Jeffrey Payne, Schuyler Moore

Di seguito traduzione e sunto a cura di Ali Reza Jalali di un articolo apparso sul sito della prestigiosa rivista di politica internazionale pubblicata negli USA “The National Interest”. Il titolo originale dell’articolo è “When Iran Comes In from the Cold...”.

 

Con l’estensione per altri quattro mesi dei negoziati del 5+1 con l’Iran, si continua a sperare per il raggiungimento di un accordo sulla questione del nucleare iraniano. Nei sei mesi passati, sono emersi punti in comune tra i vari attori coinvolti per raggiungere un risultato positivo, anche se non sono mancati anche momenti di forte disaccordo, per via dei diversi interessi coinvolti. Ovviamente anche l’estensione dei negoziati potrebbe portare a risultati negativi, come la fine definitiva delle trattative, ma in ogni caso l’implicazione più importante e duratura della vicenda è il ritorno dell’Iran in seno alla comunità internazionale. Per quanto riguarda l’interesse nazionale americano poi, bisogna dire che nel breve periodo un accordo con l’Iran potrebbe portare delle minacce agli USA in Medio Oriente e in Asia centrale, ma nel lungo periodo sarebbero maggiori i vantaggi.

Ogni accordo con l’Iran nell’alveo delle questione nucleare, sarebbe solo l’inizio del ritorno dell’Iran nella comunità internazionale. Senza ombra dubbio le sanzioni hanno creato molti problemi agli iraniani e ciò ha avuto un impatto importante sulla decisione di Tehran di tornare in modo serio al tavolo delle trattative. L’alleggerimento delle sanzioni internazionali avrebbe un impatto rapido sugli equilibri in Asia centrale, visto l’interesse cinese nel creare una nuova via della seta, che dovrebbe collegare la Cina al Mediterraneo, passando quindi proprio dall’Iran. Non è un caso che la Repubblica Popolare è uno dei paesi che spinge maggiormente per risolvere la crisi nucleare iraniana. La Cina sta investendo molto in Asia centrale (recentemente 30 mld di dollari solo in Kazakistan) e il reintegro dell’Iran nella comunità delle nazioni faciliterebbe gli investimenti nel paese persiano, facendo si che gli iraniani possano modernizzare le proprie infrastrutture. Si creerebbe così una macro-area di cooperazione economica e ciò rappresenterebbe una importante opportunità per l’Iran di implementare la propria influenza in Asia centrale, considerando anche l’alleggerimento della presenza USA in Afghanistan. Inoltre, l’attivismo iraniano aumenterebbe le relazioni commerciali con i paesi centroasiatici, facendo diminuire la dipendenza dell’area da Russia e Cina. L’aumento della cooperazione regionale sarebbe anche una diga contro alcuni problemi comuni dei paesi della regione come il traffico di droga, l’immigrazione illegale e il terrorismo internazionale.

Se i vicini orientali dell’Iran sarebbero contenti di eventuali alleggerimenti delle sanzioni internazionali e del conseguente reintegro dell’Iran nella comunità delle nazioni, lo stesso non si può dire per i vicini arabi. Sin dai tempi della rivoluzione islamica in Iran i paesi della penisola araba guidati dall’Arabia Saudita hanno ingaggiato con Tehran una lotta per il predominio regionale. Un Iran con meno sanzioni e quindi più forte economicamente avrebbe maggiori opportunità di potenziare il suo ruolo in Medio Oriente, con un ancora maggiore sostegno a Hezbollah in Libano, alla Siria e al governo sciita iracheno. L’opposizione di Israele al potenziamento dell’Iran è una ulteriore complicazione a tutta la vicenda; Tel Aviv infatti è tra i principali oppositori delle trattative nucleari con l’Iran. Il ruolo della Cina poi è importante anche in Medio Oriente, visto che la nuova via della seta economica transiterebbe fino al Mediterraneo proprio attraverso la regione a maggioranza araba. In Medio Oriente si trovano i principali fornitori di energia della Repubblica Popolare, tra i quali Arabia Saudita, Qatar e Iraq. Saldare i legami con l’Iran, in prospettiva di una sinergia economica tra Pechino e il Mediterraneo, attraverso Iraq, Siria e Libano (paesi in cui è forte l’influenza iraniana) e contemporaneamente avere legami economici importanti con i paesi avversari degli iraniani come quelli della penisola araba, trasformerebbe la Cina in un interlocutore fondamentale per tutti gli equilibri regionali. D’altronde Israele e i paesi della penisola araba si oppongono fortemente a questo ruolo centrale giocato dagli iraniani. Gli USA sono quindi in una situazione difficile: vorrebbero raggiungere un accordo sul nucleare iraniano, ma i suoi maggiori partner in Medio Oriente, Israele e alcuni paesi arabi, sono i principali oppositori di ciò, avendo paura del potenziamento iraniano.

Per gli americani raggiungere un accordo con l’Iran sarebbe un vantaggio in Asia centrale, visto che ciò darebbe l’opportunità a quell’area di svilupparsi. La situazione in Medio Oriente però è più complessa, visto anche il fatto che ormai lo status quo regionale è molto instabile. Inoltre la fine della sanzioni all’Iran aprirebbe definitivamente le porte del Medio Oriente alla Cina, cosa che creerebbe problemi all’influenza americana nella regione. Ci sono poi due punti importanti dal punto di vista americano: il primo è che effettivamente si raggiunga un accordo con l’Iran sul nucleare. Gli USA non accetteranno mai che il governo di Tehran possa dotarsi di un potenziale atomico e fermare questo progetto sarebbe un grande successo per Washington. Il secondo è che, in ogni caso, gli USA continueranno ad avere un ruolo di primo piano in Medio Oriente, sia diplomaticamente che militarmente. Comunque vada e qualsiasi cosa succeda gli americani resteranno in Medio Oriente.

 

Jeffrey Payne e Schuyler Moore sono importanti studiosi della politica internazionale e membri di centri di ricerca prestigiosi negli USA.  
 

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