martedì 25 giugno 2013

La Repubblica Islamica dell’Iran




Roberto Cozzolino



E' stato di recente presentato a Roma il libro “La Repubblica Islamica dell’Iran tra ordinamento interno e politica internazionale”, di Alì Reza Jalali, laureato in Giurisprudenza e dottorando in Diritto costituzionale presso l’Università di Verona, ricercatore del “Centro Studi Eurasia e Mediterraneo”, redattore del periodico on line “Stato e Potenza” e collaboratore di diverse testate, tra le quali “Eurasia, rivista di studi geopolitici”, con particolare interesse alle tematiche del Vicino Oriente e del mondo islamico riguardo agli aspetti politici, storici, giuridici, religiosi e culturali.
Oltre all’Autore erano presenti in qualità di relatori Giuseppe Aiello, titolare della casa editrice Irfan Edizioni che ha pubblicato il libro, Claudio Mutti, direttore della rivista di geopolitica “Eurasia” ed Alì Pourmarjan, Direttore dell’Istituto Culturale dell’Ambasciata della Repubblica Islamica dell’Iran.
Presentiamo di seguito una panoramica, quanto più fedele possibile, delle interessanti relazioni prodotte, a beneficio di tutti coloro che non hanno potuto essere presenti.

Il Dottor Aiello, editore del libro, ha affermato che per una piena comprensione della realtà della Repubblica Islamica dell’Iran bisogna tenere a mente diversi fattori, poco noti in Occidente sebbene l’Iran si sia trovato spesso, in tempi recenti, al centro dell’attenzione dei media: la particolare posizione geografica, col conseguente controllo – diretto od indiretto – su molte fonti di energia; l’eredità dell’impero persiano: la lingua ufficiale è il farsi – o neopersiano, lingua indoeuropea anche se usa l’alfabeto arabo -, e dal plurisecolare impero persiano l’Iran deriva il patrimonio culturale in campo artistico, filosofico, poetico, letterario; la religione, prevalentemente sciita – con centro nella scuola teologica di Qom –, che ha consentito il trionfo della Rivoluzione e la fine della monarchia modernista e filoccidentale di Mohammad Reza Pahlavi; la figura dell’ayatollah Khomeini il quale, oltre che uomo politico, è stato giurisperito, filosofo, commentatore coranico, poeta; il coinvolgimento dell’intera popolazione nella guerra contro l’Iraq, chiamata “la sacra difesa” e vissuta da tutti con ardente patriottismo e per molti occasione di una realizzazione esistenziale.
L’editore ha quindi presentato una serie di diapositive finalizzata ad una sintetica ma esaustiva descrizione della società iraniana, allo scopo di sfatare i luoghi comuni coi quali la stessa viene evocata nell’immaginario collettivo dalla persistente disinformazione dei media occidentali. Indubitabile esempio di tolleranza è il rispetto delle minoranze religiose – ebrei, cristiani, zoroastriani, sunniti – ed etniche – azeri, turchi, curdi, turkmeni - presenti in Iran, addirittura con rappresentanze nel Parlamento.
Aiello ha concluso il suo intervento ricordando che, secondo la dirigenza iraniana, l’Islam è una religione completa di origine divina ed ha quindi gli strumenti adatti per gestire ed organizzare la società, rendendola più giusta; a tale scopo non bisogna però modernizzare l’Islam, ma piuttosto islamizzare la modernità; in campo internazionale si persegue l’unità del mondo islamico offrendo amicizia, collaborazione e rispetto a tutte le nazioni, ma combattendo strenuamente contro l’imperialismo, il colonialismo e lo sfruttamento.

Secondo il Professor Claudio Mutti, autore di una dotta e puntuale relazione, uno degli scogli principali che incontra il libro è il tentativo di rendere comprensibile la Repubblica Islamica dell’Iran definendola secondo le categorie tipologiche occidentali; trattandosi di una forma di governo che si basa sulla legittimazione divina bisognerà indagare se il termine “repubblica” non sia in contraddizione con un sistema islamico legittimato da Dio, essendo il modello repubblicano normalmente legittimato dal popolo. La repubblica come intesa nel moderno occidente è sicuramente in antitesi con uno Stato islamico; anche se tale antitesi scompare se facciamo riferimento alla concezione di repubblica quale si evince da dottrine politiche diverse da quella dell’occidente della modernizzazione, ma più consone alla tradizione europea: come ad esempio quella definita da Cicerone, per il quale la res publica è “coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis communione sociatus”, “l’organizzazione unitaria di un aggregato umano reso solidale non solo dal comune vantaggio, ma prima ancora da una comune coscienza giuridica”. Nella conclusione del suo “De re publica”, nota come “Somnium Scipionis”, afferma che l’azione dell’uomo politico si accosta alla suprema volontà di Dio ed a coloro che hanno operato in vita per il bene dello Stato sono riservate vita immortale e felicità eterna. Del resto, ha notato ancora Mutti, la democrazia intesa in senso moderno è anche per Aristotele una degenerazione della “politéia” – governo del popolo per il bene comune -, che costituisce una delle forme corrette di Stato insieme alla “basiléia” ed all’aristocrazia – con le rispettive deviazioni costituite da tirannide ed oligarchia – ed analogo schema ideologico troviamo in Platone, per il quale la “politéia” svolge una funzione eminentemente religiosa, collegando la comunità umana con la realtà divina. A stabilire un’altra differenza fondamentale rispetto agli Stati occidentali Mutti cita direttamente l’Autore: “Lo Stato iraniano quindi non è una Repubblica laica in senso occidentale, in quanto la legge di Dio è comunque sovraordinata alla legge dell’uomo; ma non è nemmeno una teocrazia classica nella quale i cittadini non hanno voce in capitolo, come ancora oggi avviene in alcuni Paesi mediorientali”; la nozione di laicità, intesa nel significato corrente di separazione della politica dalla religione e di estraneità dello Stato rispetto alle questioni religiose, risulta del tutto incompatibile con la cultura islamica, secondo la quale la legge dello Stato procede dai principi insiti nel Corano; alcuni Stati mussulmani odierni, considerati comunemente laici, smentiscono incontestabilmente tale qualifica: ad esempio la costituzione siriana prevede che fonte principale della legislazione è il diritto islamico ed il presidente deve appartenere alla religione mussulmana. Va peraltro rifiutata la definizione di Stato teocratico, imbarazzante in quanto applicata oggi a regimi politici corrotti, con la religione ridotta al rango di mero “instrumentum regni”; ma forse altre formule più adatte a definire la Repubblica Islamica dell’Iran sono quelle di “Stato teocentrico” – dove però vigono le elezioni – o “governo del giurisperito” (velāyet-e faqīh), originale figura che, affiancando i tre classici poteri dello Stato – esecutivo, legislativo e giudiziario -, media tra legittimazione “divina” e “democratica” dello Stato; “nomocrazia” – potere della legge – o “teonomia” – governo della legge divina – costituiscono altri efficaci neologismi. Il termine di paragone più adeguato proviene ancora una volta, ricorda Mutti, dalla dottrina politica dell’antichità europea: Platone, nel mito di Crono, ci esorta a proclamare come norma sovrana dello Stato quella legge definita dallo spirito che si manifesta in noi stessi come regola e guida dell’intelligenza; contraddicendo il sofista Protagora, Platone afferma che non l’uomo, ma Dio è misura di tutte le cose; dato il limite oggettivo della natura umana è necessario che l’uomo sia sottomesso a Dio e che il governo della Repubblica abbia la propria radice nella saggezza divina. L’uomo che deve reggere lo Stato – conclude Platone – deve essere il miglior conoscitore delle leggi e superare i suoi concittadini per rettitudine di costumi, pensiero ed azione. Sono gli stessi concetti che ritroviamo nella dottrina politica islamica come è stata formulata dall’imam Khomeini: “Il governo islamico è il governo della legge e Dio solo è il sovrano ed il legislatore; nell’Islam governare significa obbedire alla legge e renderla supremo giudice. Il potere conferito al Profeta … ed ai legittimi governanti a lui succeduti deriva da Dio. Considerato che il governo islamico è un governo della legge è necessità assoluta che il governante dei mussulmani sia ben informato della legge …”
Il professor Mutti ha quindi esaminato la questione iraniana da un’angolazione squisitamente geopolitica, ricordando che l’Iran è il segmento centrale di quella lunga fascia che costituisce il bordo del continente euroasiatico: il “rimland”, secondo la nota definizione di Spykman, che contrapponendo la sua visione a quella di Mackinder – secondo la cui dottrina chi controlla la zona centrale (heartland) domina il mondo –, formula la tesi complementare secondo cui la potenza che controlla il rimland non solo impedisce che chi controlla l’heartland domini il mondo, ma conquista esse stessa il potere mondiale: ”Who controls the rimland rules Eurasia; who rules Eurasia controls the destinies of the world”. Tale teoria ispirò durante la Guerra Fredda la dottrina del containment, strategia adottata in politica estera dagli Stati Uniti per impedire che il rimland euroasiatico passasse sotto il controllo dell’Unione Sovietica e della Cina; col crollo dell’Unione Sovietica il potere nordamericano sul rimland si è rafforzato, ma non completato, stante la presenza di alcuni Paesi renitenti alla sudditanza verso gli USA: primi tra questi l’Iran e la Siria. Secondo una prospettiva geopolitica euroasiatica il ruolo dell’Iran coincide con quello dei Paesi islamici che insieme ad Europa, Russia, Cina ed India costituiscono uno dei grandi spazi nei quali si articola il continente euroasiatico; opportunamente organizzata attraverso rapporti organici di federazioni ed alleanze, tale fascia islamica potrebbe rappresentare una barriera insormontabile per la penetrazione statunitense, in funzione di presidio meridionale del continente euroasiatico. Purtroppo l’attualità ci mostra un mondo islamico frammentato, a parte le fisiologiche divisioni etniche, linguistiche e culturali, in diverse realtà statuali e diviso tra vari orientamenti politici e religiosi; anche la storica ripartizione del mondo islamico tra sunniti e sciiti viene artificiosamente enfatizzata dagli strateghi del “divide et impera”, creando le condizioni per una vera e propria “guerra civile islamica”. Tra i vari orientamenti che il mondo islamico attuale ci presenta, il più incompatibile con gli interessi euroasiatici è sicuramente quello rappresentato dai regimi arabi storicamente alleati dell’occidente atlantico – Arabia Saudita e Qatar in primis – nonché da quei movimenti e gruppi settari che godono del sostegno politico ed economico di tali regimi. Un altro orientamento è rappresentato dalla Turchia, autopropostasi come modello per i Paesi mussulmani del Mediterraneo, caratterizzata dal tentativo di conciliare Islam e democrazia, sharia e capitalismo, nostalgia della grandezza imperiale ottomana e sudditanza all’area occidentale, solidarietà col popolo palestinese e mantenimento delle relazioni con l’entità sionista; inoltre il contributo dato dalla Turchia, nel recente passato, alla distruzione della Libia e l’appoggio fornito ora al terrorismo settario in Siria dimostrano che il neoottomanesimo di Ankara svolge obiettivamente un ruolo subordinato agli interessi imperialisti, funzionale alle strategie degli USA e della loro propaggine sionista. Altra variante, il così detto socialismo islamico – impropriamente definito laico – è scomparso di scena con la distruzione dell’Iraq baathista e della Jamahiriya libica. Il modello rappresentato dalla Repubblica Islamica dell’Iran è perciò l’unico che può esercitare una positiva influenza soprattutto nei Paesi con forti comunità sciite (Iraq, Libano, Siria ed alcune zone della penisola arabica), svolgendo una funzione di Paese guida anche al di fuori del mondo arabo (Tagikistan, Azerbaijan, Afghanistan) ed in quello di antica influenza culturale persiana (India e Pakistan). Grazie alla sua posizione geografica l’Iran può contribuire alla risoluzione di alcuni problemi fondamentali della Russia attuale: spezzare l’anello dell’anaconda – termine della geopolitica statunitense indicante il tentativo di soffocare il continente – consentendo ai sovietici l’accesso al mare; aiutare a risolvere le contraddizioni tra la Russia ed i mussulmani dell’Asia centrale caucasica, fomentate dall’occidente per destabilizzare l’intera regione. Con la sconfitta del panturchismo, del cosidetto “Islam americano”, del settarismo di matrice wahabita, l’Iran potrebbe contribuire a costruire in Asia centrale e nell’oriente mediterraneo un blocco geopolitico in grado di respingere l’aggressione atlantica, riattualizzando quell’idea di impero che più volte, in un passato glorioso, ha fatto si che diversi popoli di quell’area potessero convivere entro i medesimi confini politici e sotto un’unica legge.







Per una singolare coincidenza, proprio nel giorno in cui si svolgeva la presentazione del libro oggetto delle presenti note, giungevano gli esiti delle elezioni presidenziali in Iran, vinte al primo turno dal riformista Hassan Rohani; tale circostanza ha indotto il Dottor Jalali a spendere qualche parola in proposito, evidenziando l’alta affluenza - circa il 70% - alle urne, una palese volontà di cambiamento e forse un voto punitivo verso la litigiosità dei candidati perdenti; ciononostante, avendo le istituzioni iraniane creato negli ultimi quaranta anni un sistema istituzionale molto stabile – soprattutto se confrontato con quello dei Paesi limitrofi -, la popolazione iraniana si dimostra sempre disposta ad accettare il verdetto delle urne e le varie formazioni politiche sono pronte a collaborare col vincitore, lasciandosi alle spalle le diatribe preelettorali per contribuire al bene supremo del Paese, essendo la legge al di sopra di tutto e di tutti.
Pertanto, secondo il Dottor Jalali, resteranno immutate le linee strategiche relativamente ai progetti geopolitici regionali ed internazionali e non sarà possibile alcun cambiamento nel sistema di alleanze internazionali. Tale tendenza patriottica si è palesata nel caso della guerra con l’Iraq, quando tutte le componenti della società iraniana hanno saputo superare gli individualismi faziosi per fare fronte comune contro il nemico esterno. L’Autore ha poi affrontato i temi di politica internazionale, individuando nella guerra in Siria la principale preoccupazione attuale del governo iraniano: la caduta del legittimo governo di Bashar Al-Assad sarebbe estremamente pericolosa in quanto possibile preludio ad un attacco contro l’Iran cui seguirebbe, secondo gli obiettivi strategici della NATO in Medio Oriente, la destabilizzazione delle aree a maggioranza mussulmana della Russia, ottenuta fomentando come sempre il terrorismo e finanziando i così detti ribelli, per provocare un nuovo crollo della Russia con una conseguente nuova balcanizzazione, dal momento che le potenze euroasiatiche, soprattutto Russia e Cina, sono i principali concorrenti strategici ed economici degli USA. L’Iran, nell’ottica atlantista, rappresenta l’anello debole dell’asse euroasiatico Mosca-Teheran-Pechino; è dall’Iran quindi che passano gli equilibri non solo del Medio oriente e dell’Eurasia, ma di tutto il mondo.

Il Dottor Alì Pourmarjan, dopo aver ringraziato i relatori che l’hanno preceduto ed elogiato l’Autore per il suo eccellente saggio, ha parlato dell’importanza che la geopolitica riveste in Iran ed affermato che tale disciplina ha conosciuto anche in Iran un rapido sviluppo, essendo in grado di fornire gli strumenti adeguati per la comprensione di molteplici problemi. Inoltre la geopolitica attuale, da qualsiasi angolazione si esamini, non può non riconoscere il ruolo fondamentale della Repubblica Islamica dell’Iran, punto di riferimento di relazioni internazionali, economiche e politiche; a tale proposito indicativa è la partecipazione dell’Iran all’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, che conferma come tale Paese sia insostituibile per reali garanzie di pace e stabilità.
Il Direttore dell’Istituto Culturale ha successivamente ribadito che il sistema iraniano, pur basato sulla Costituzione islamica – approvata in un referendum successivo alla Rivoluzione a maggioranza quasi assoluta -, risponde appieno ai criteri di democraticità in vigore in occidente, in quanto il popolo è protagonista in tutte le occasioni elettorali: presidenziali, parlamentari, comunali; addirittura le elezioni per la Guida Suprema – la più alta carica prevista dalla Costituzione iraniana - vedono la presenza del popolo, anche se questa viene eletta dall’Assemblea degli Esperti, a loro volta eletti però dal popolo.
Il sistema funziona egregiamente e non ha bisogno di correttivi importati da altri Paesi; i giudizi negativi derivano principalmente dalla scarsa conoscenza di tale sistema. Inoltre la Costituzione iraniana, scelta dal popolo, viene applicata senza eccezioni, al contrario di quanto spesso succede altrove. La costante massiccia affluenza alle elezioni è un ulteriore riscontro di partecipazione popolare.

Il libro del Dottor Jalali, la cui lettura consigliamo a tutti, ma soprattutto a coloro che sono desiderosi di approfondire gli argomenti trattati, gode di alcune caratteristiche che lo rendono un testo prezioso: indubbia padronanza della materia da parte dell’Autore; semplicità di linguaggio e chiarezza di esposizione; coerente suddivisione in settori tematici che possono anche essere letti indipendentemente l’uno dall’altro. Dopo la prefazione del Professor Mutti ed una breve introduzione si affrontano dettagliatamente i seguenti argomenti raggruppati in altrettante sezioni: “Uno sguardo al sistema politico e costituzionale iraniano”; “Il ruolo regionale dell’Iran”; “L’Iran e l’Eurasia”; “L’Iran e l’America Latina”; per concludere con “Guerra all’Iran?”.
Leggendo il libro ci si potrà rendere pienamente conto – per chi nutrisse ancora dubbi in proposito – che il nemico giurato della Repubblica Islamica dell’Iran è il nostro stesso nemico e che soltanto appoggiando la lotta degli ultimi Paesi che si oppongono all’imperialismo a stelle e strisce potremo nutrire anche noi qualche speranza di scrollarci di dosso il giogo colonialista. Concludiamo pertanto con una frase di Seyyed Hasan Nasrallah, leader di Hezbollah, che suggella anche il libro di Jalali: “Loro, i nostri nemici, non hanno paura dei nostri missili, hanno paura delle nostre idee”. 

http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=21664

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